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ESCLUSIVA TMW - Il Portogallo riparte, il ds Branco: "Danni minimizzati. CR7? Prendetevela coi runners"

di Giacomo Iacobellis
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Si gioca o non si gioca? La Primeira Liga ha deciso di tornare in campo e, dopo i tamponi di rito, questa settimana le squadre della massima divisione portoghese sono tornate ad allenarsi, seppur ancora in maniera individuale, presso i rispettivi centri sportivi. È proprio sulla ripresa, insieme alla sua già lunga esperienza nel mondo del calcio e anche ai tanto discussi allenamenti all'Estádio da Madeira di Cristiano Ronaldo durante la quarantena, che TuttoMercatoWeb.com ha intervistato in esclusiva Americo Branco, figlio d'arte e direttore sportivo che ad appena 29 anni vanta già sei stagioni ad alti livelli tra Olhanense e Académica.

Americo Branco, partiamo inevitabilmente dal ritorno del calcio giocato in Portogallo: il 30 maggio, salvo nuovi colpi di scena, ripartirà la Primeira Liga. Cosa ne pensa?
"Non è facile esprimersi su questo argomento, la decisione in Francia e in altri Paesi è stata molto più politica che sportiva. Se in Portogallo si è deciso di ripartire, però, significa che saranno assicurate le dovute garanzie a tutti i tesserati e alle persone a loro vicine. Non crediate comunque che la ripresa del campionato qui abbia trovato consensi unanimi: tanti, ancora oggi, si lamentano infatti dello stop definitivo alla seconda e alla terza divisione... È davvero impossibile prendere una decisione che metta tutti d'accordo. Ma ridando il via alla Primeira Liga si minimizzano i danni e, secondo me, è giusto così". 

Gli allenamenti, questa settimana, sono ripresi intanto con un protocollo del tutto nuovo.
"Gli allenamenti sono ripresi rispettando il più possibile le misure di distanziamento sociale. Al momento si tratta solamente di sessioni individuali, con gruppi di pochi giocatori nella stessa fascia oraria, anche se questi si allargheranno fino ad arrivare a un vero e proprio lavoro di squadra nel giro di due-tre settimane. Tutti i calciatori poi saranno sottoposti ai test del Coronavirus più volte alla settimana, così come prima di ogni partita. Io non sono uno specialista, ma ho fiducia in chi prende le decisioni nel mio Paese e sono dunque sicuro che il calcio qui ripartirà col minimo rischio, dando sempre la priorità alla salute".

Veniamo a lei ora: non ha neanche 30 anni, ma è già ad alti livelli da sei stagioni (2014-2020).
"Ho avuto la fortuna di iniziare molto presto la mia carriera da direttore sportivo. È partito tutto a 24 anni, quando un club storico come l'Olhanense ha deciso di puntare proprio su di me. La squadra era appena retrocessa e viveva un periodo complicato, ma sono contento per la grande fiducia che ho ricevuto fin dal primo giorno. A Olhão sono cresciuto tanto, umanamente e professionalmente. Il vero segreto però è la mia famiglia: mio padre è stato a lungo presidente del Leixões (Américo Jorge, ndr), mentre mio fratello oggi è indubbiamente tra i migliori ds portoghesi (Mario Branco del PAOK, ndr). Anche grazie a loro, ho sempre avuto una passione immensa per lo scouting e per il calcio: non avendo abbastanza capacità per diventare un giocatore affermato, ho scelto così di mettermi in gioco da direttore sportivo. Ho studiato in Inghilterra, ho visto partite su partite e ho provato, come continuo tuttora a fare, a prendere qualcosa da tutti coloro che ho incontrato sul mio cammino".

Dopo tre stagioni all'Olhanense, è stata la volta dell'Académica a Coimbra, avventura finita poco tempo fa.
"Sì, dopo l'Olhanense mi sono trasferito in un grandissimo club come l'Académica, dove già al primo anno abbiamo avuto la sfortuna di farci sfuggire la promozione a sole due partite dalla fine del campionato. È stato bellissimo lavorare a Coimbra, sono orgoglioso di esserci rimasto per tre stagioni e spero davvero che la squadra possa tornare presto dove merita, ovvero in Primeira Liga".

La sua prossima meta quale sarà?
"In questo momento, dopo sei stagioni in Segunda Liga, penso di meritare già qualcosa di diverso, ossia una sfida in una prima divisione. In Portogallo o all'estero, penso che questo oggi sia il passo più giusto per la mia carriera. È vero che ho appena 29 anni, ma ho già avuto la possibilità di lavorare con tantissimi grandi calciatori e allenatori nella mia carriera. Mi sento pronto, insomma, per compiere il prossimo step".

Una nuova avventura che sarà sicuramente influenzata dai cambiamenti dell'era post-Coronavirus. Come cambierà il calcio e, in particolare, il ruolo del direttore sportivo secondo lei?
"È un momento molto delicato per tutta la nostra società, non solo per il calcio. Ciò che verrà dopo il COVID-19 sarà senza alcun dubbio una grandissima sfida, che ad oggi è però impossibile delineare nel dettaglio. Non sappiamo ancora come funzionerà il mercato, quali campionati riprenderanno, sono davvero troppi i punti interrogativi... Ci sarà certamente meno liquidità economica, ma per una figura come la mia la cosa più difficile sarà proprio trovarsi a che fare col differente timing dei campionati in Europa, come era finora ad esempio quando andavi ad acquistare un talento in America del Sud. Sarà fondamentale investire bene, piuttosto che investire tanto. Ma sono convinto che ci adatteremo in fretta".

Chiosa inevitabile sul suo connazionale Cristiano Ronaldo: i suoi allenamenti durante la quarantena allo stadio del Nacional de Madeira hanno aperto un dibattito mondiale....
"Diciamo la verità: tutto ciò che fa CR7 fa notizia. Cristiano è un grandissimo atleta, uno dei più importanti della storia dello sport e, onestamente, non vedo problemi. Allenandosi all'Estádio da Madeira, non ha mai messo a rischio la salute sua o della sua famiglia, così come quella di chi gli sta intorno. La Juventus poi è una società organizzatissima, sarà sicuramente stata d'accordo con lui. Il vero problema semmai sono tutti coloro che si sono travestiti da sportivi per uscire di casa senza motivo durante la quarantena, mica un professionista doc come Cristiano Ronaldo...".

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