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Cagliari, Joao Pedro si racconta: "Ora mi sento pronto per tutto. Voglio dare il massimo"

di Tommaso Bonan
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© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

Joao Pedro, attaccante del Cagliari, si è raccontato in diretta su Instagram insieme a Cronache di Spogliatoio: "Siamo sempre in giro tra allenamenti, partite e trasferte. Anche quando torno in Brasile c'è sempre qualcosa da fare. Sto apprezzando e vivendo la famiglia".

I primi anni di carriera - Giocavo nei due davanti alla difesa nel Mondiale Under-17. Per caratteristiche, per modo giocare, essendo io più difensivo degli altri sono stato arretrato. In quel torneo abbiamo vissuto con una squadra forte una competizione di livello. Casemiro è arrivato poco dopo di me, io già ero un veterano e in quel periodo lo mettevo in panchina (sorride, ndr)».

L'amicizia con Neymar - "Abbiamo creato un'amicizia vera, dai 14 fino ai 17 anni abbiamo giocato insieme. Poi lui non è stato più convocato con le giovanili. Eravamo sempre insieme io, lui e Coutinho: in viaggio, in ritiro, ovunque. Conosco anche la sua famiglia e sono persone incredibili, meritano tanto. Ricordo che Neymar al Santos in partita segnava sempre due o tre gol, in allenamento ne faceva nove o dieci. Era un'altra persona: lo vedi puntare e scherzare in gara, ma in seduta è totalmente concentrato. Mi spaventava perché le partitelle finiscono solitamente 4-4 o giù di lì, lui invece ne segnava tantissimi. Ogni pallone era un gol. Nella rete contro la Roma, sul lancio, ho pensato al gol di Messi al Mondiale contro la Nigeria: ho detto 'devo stopparla bene e fare come lui'".

Otto gol sui primi 10 col primo tocco - "Mi è sempre piaciuto fare gol, ma da centrocampista sei lontano dalla porta. Da punta, perdendo Pavoletti, ho cercato di imparare al massimo il ruolo di prima punta. È come il portiere: ti arriva una palla e non puoi sbagliare. Spesso abbiamo un gioco sporco, difficile, e devi essere preparato. Ho sempre avuto una caratteristica da gol, però non era facile perché cambiavo spesso ruolo. Il colpo di testa? Sono stato influenzato da Pavoletti, è il migliore del mondo di testa. Gli dicevo: 'Vado sul primo palo, lo attacco e ti porto via il difensore. E tu fai quello che vuoi dentro l'area'. Non essendoci più Leo è cambiato tutto. Lo guardavo, ho studiato i tempi e il fisico mi aiuta".

Il percorso - "Sono partito con i giovani brasiliani più talentuosi e ho scelto di andare a Palermo. Avevo fatto appena 13 partite in Prima Squadra in Brasile, era un sogno. Ho sempre dato il massimo e sono contento di essere oggi a questo livello, ho girato varie squadre per cercare di arrivare e sembrava finita. Pensavo che evidentemente non doveva essere, che il mio livello fosse basso. E invece sono uscito fuori. Bisogna sempre dare il massimo, ogni volta. Perché da quella maledetta domenica che ci ha portato via Davide ho capito che tutto può finire in un attimo".

L'annata - "Quando sei giovane hai voglia di fare tante cose. Quello italiano è il calcio più difficile da imparare, ogni ruolo ha un'identità forte. Venendo dal Brasile dove c'è molta improvvisazione nei calciatori, ora mi sento pronto per qualsiasi cosa. C'è voluto un po' e ora sono pronto. In ritiro l'ho detto: questo sarà il mio anno. Ho detto a mia moglie che ci sarebbero stati dei momenti in cui avrei dovuto riposare e gestirmi diversamente: ho preso questo anno come se fosse l'ultimo, voglio dare il mio massimo fino all'ultima goccia. Sono contento per questo".

Lo spogliatoio - "Cerco di fare amicizia e far integrare chi non parla la lingua perché ci sono passato anche io. Cerco di aiutare questi giocatori. Sono il primo a prendere in giro chi si veste male: Simeone è il peggiore di tutti, cerchiamo di aiutarlo ma fa fatica. È proprio un tipo che si veste male (ride, ndr)".

Prima della partita - "La vivo bene, mi guardo qualcosa o leggo. Dormo bene, mi sveglio presto e fortunatamente non ho problemi. Sto leggendo un libro brasiliano di mentalità sull'iPad perché qui in Italia non li trovo in portoghese".

La lingua - "Mia moglie è italiana e parliamo italiano. Io parlo con i miei figli in portoghese, mia moglie in italiano, almeno conosceranno due lingue. Mio figlio più piccolo è un personaggio, sceglie le mie esultanze, è colpa sua se faccio quelle pagliacciate (ride, ndr)".

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