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Ballotta ricorda Eriksson: “Uomo da ammirare, esempio per tutti. Inzaghi il più simile a lui”

Esclusiva TMW
di Lorenzo Beccarisi
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“Non dispiacetevi, sorridete per me” diceva pochi giorni fa Sven Goran Eriksson. L’ex allenatore svedese se n’è andato all’età di 76 anni e tutto il mondo del calcio è in lutto per la perdita di un uomo straordinario, capace di unire tutti in questi ultimi mesi di vita. Il coraggioso racconto della malattia è solo l’ultimo esempio lasciato da un uomo d’altri tempi, capace di unire le tifoserie italiane in un doloroso ricordo che sta arrivando da tutta Italia in queste ore. La redazione di tuttomercatoweb.com ha contattato in esclusiva l’ex portiere della Lazio Marco Ballotta, che con Sven Goran Eriksson vinse il secondo scudetto della storia biancoceleste nel 2000. Queste le sue parole:

Ti ha colpito il modo in cui il mister ha deciso di affrontare la malattia nell’ultimo anno?
“Si, anche se è nella sua indole. È sempre stato un positivo, poi non è mai facile con una malattia del genere fare buon viso a cattiva sorte. Penso che sia un esempio da seguire nonostante tutto, affrontare una malattia del genere come l’ha affrontata lui è da esempio. Il sorriso lo ha sempre avuto, ma era consapevole del problema. Ha dimostrato di essere un uomo forte, come è sempre stato forte da allenatore. Un signore in tutto e per tutto, anche in questa situazione delicata. È stato un uomo da apprezzare e ammirare”.

Hai avuto modo di vedere l’ultimo saluto dell’Olimpico al mister lo scorso maggio? Che emozioni hai provato?
“Dovevo esserci anche io, solo che non sono riuscito a venire. Questo dimostra ciò che ha fatto, in tutte le squadre in cui è stato ha sempre lasciato un segno importante e tutti gli hanno voluto bene, non per la malattia ma per ciò che ha fatto da allenatore e da persona. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo come persona, con me aveva un rapporto importante lavorativamente parlando. È uno che dà molto, se trova persone di un certo tipo ti dà una fiducia estrema. Dispiace del momento, ma dobbiamo solo ammirare e valutare come ha vissuto la malattia. Penso che in pochi abbiano dato un esempio simile”.

Ha dato tanto a tanti di quella Lazio. Ti ha sorpreso vedere così tanti compagni diventare allenatori e secondo te c’è la traccia di Eriksson nel loro percorso?
“Diventare allenatore non è facile anche per un grande calciatore, lì ce n’erano veramente tanti. Ci sono state poche squadre che hanno lanciato così tanti allenatori, ce ne sono veramente tanti in quella squadra. C’erano tanti campioni anche con caratteristiche umane diverse. Credo che in molti abbiano preso spunto da lui, spunto poi lo prendi da tutti gli allenatori e decidi quali aspetti positivi prendere da tutti. Da Eriksson penso che qualcosa abbiano preso tutti loro”.

C’è qualcuno che assomiglia più di altri a mister Eriksson a livello di gestione del gruppo?
“Dipende sempre dal carattere delle persone, dico Inzaghi perché è quello tra virgolette più tranquillo. Essendo scandinavo Eriksson aveva il suo modo di essere diverso dal nostro, meno focoso. Difficilmente lo vedevi arrabbiato, ma in realtà bruciava dentro senza farlo vedere all’esterno. Credo che Simone sia quello che gli assomiglia di più”.

Ci puoi raccontare un aneddoto di quella Lazio guidata da Eriksson?
“Ricordo con piacere tante cose perché avevo un buon rapporto con lui e con lo staff, c’erano delle circostanze perché magari un allenatore da solo non riesce a percepire tutto il campo e il gioco. C’erano dei momenti e delle difficoltà che non percepiva e allora in panchina con i compagni e scherzando ci mettevamo a parlare della condizione fisica di questo o quell’altro giocatore perché poi lui si girava e ci chiedeva cosa avesse il nostro compagno. Da lì seguiva le sue condizioni e dopo qualche minuto prendeva la decisione più giusta. Anche in questo vedi il rapporto che c’era, si voleva tutti vincere insieme. Dove non arrivava lui magari gli davamo una mano noi giocatori, ma questo era lo spirito del mister che ci aveva inculcato e questo è bellissimo. Questo è il ricordo che ho più nitido di lui”.

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