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Atalanta, Migliaccio: "Non potevo sperare di chiudere meglio la mia carriera"

di Lorenzo Di Benedetto
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© foto di Federico Gaetano

Il centrocampista dell'Atalanta Giulio Migliaccio ha parlato ai microfoni del sito ufficiale del club orobico nel giorno che lo vedrà dare l'addio al calcio giocato: "La parola giusta è emozione. Fino al venerdì che precedeva la gara di Empoli ero abbastanza tranquillo, poi è cominciata a salire l'emozione. Perché cominci a capire che sarà l'ultima trasferta, l'ultimo ritiro. Ora c'è l'attesa per l'ultima in casa, ma la sto vivendo bene perché finire così è veramente bello, lasciando un'Atalanta da record, un'Atalanta in Europa. Era quello che sognavo. A Bergamo ho vissuto l'esperienza più significativa della mia carriera e sarà qualcosa che potrò raccontare un giorno alle mie bimbe. Mi sono goduto tutto l'anno. Sono partito consapevole del ruolo che avrei avuto nella squadra e mi sono goduto tutti gli allenamenti ma soprattutto tutti i grandi momenti vissuti nello spogliatoio: lì è dove abbiamo costruito questa stagione fantastica. In 19 anni di carriera non avevo mai trovato un gruppo così. E i risultati si sono visti. Inizialmente speravo di chiudere con una salvezza tranquilla, ma strada facendo vedevo che questa squadra era veramente forte, con un grandissimo allenatore. E nulla è stato impossibile. E poter finire in casa, davanti alla nostra gente, alla gente di Bergamo che in 7 anni di Atalanta, ma anche quando sono tornato da avversario, mi ha sempre fatto sentire un grande affetto, sarà bello ed emozionante. Ripenso all'esordio tra i professionisti: Savoia-Ancona, Serie C1, al San Paolo perché il nostro stadio era inagibile. Avevo 17 anni e sono entrato a 2-3 minuti dalla fine. Il bello della mia carriera è proprio da dove sono partito. Senza settore giovanile, ho fatto la serie C, sono sceso nei dilettanti e sono risalito anno dopo anno. Per arrivare in Serie A ho dovuto vincere in tutte le categorie. E' una cosa di cui vado orgoglioso. Mi ricorderò sempre il mio primo allenamento a Zingonia: il primo gennaio 2005, faceva un gran freddo e c'era la nebbia. La domenica ho fatto il mio esordio in A battendo la Fiorentina a Bergamo: era la prima vittoria di quel campionato.

Il primo gol nerazzurro? In B, a Cremona, un venerdì sera: ho segnato l'1-0 nel finale, una vittoria importante perché era un derby ma anche per la classifica. E poi perché aveva un significato particolare: due giorni prima era venuta a mancare la mamma di capitan Bellini. Aveva passato dei giorni difficili, ho dedicato quel gol a lui e a sua mamma. Il primo gol in Serie A? Sempre con l'Atalanta. A Firenze. Pochi giorni dopo l'Italia giocava un'amichevole proprio a Bergamo ed era arrivata la preconvocazione anche per me. In lizza eravamo un paio dell'Atalanta, ma alla fine non fu convocato nessuno. Peccato, sarebbe stata la ciliegina sulla torta della mia carriera. Cosa mi manca? Un gol in casa. Sei gol con l'Atalanta, tutti in trasferta. E pensare che col Palermo invece segavo sempre in casa. Mi manca un gol sotto la Nord. Potrebbe esserci l'occasione in quest'ultima gara, chissà. Ma non sarebbe così importante, la cosa che più mi interessa è poter salutare tutti, compagni, tifosi, il calcio. Mi basta questo. Per l'occasione mi hanno regalato un paio di scarpe celebrative con la data di inizio e di fine della mia carriera: le metterò nello studio in casa con tutti i ricordi di una carriera. E l'emozione più grande sarà proprio riguardare queste scarpe che mi hanno accompagnato per tutta la carriera, le Testimonial nere. Non ho mai cambiato colore o modello. Una delle soddisfazioni più grandi per me è sentire la stima della proprietà, della famiglia Percassi, che subito mi dà l'opportunità di intraprendere un nuovo percorso professionale e di poter dare ancora un contributo all'Atalanta. Ora mi voglio godere quest'ultima partita, poi studierò da direttore sportivo e mi muoverò in base alle esigenze del club".

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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