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Altro che Lautaro: l'Inter dipende da Barella e Calhanoglu. In attacco c'è un buco e lo sanno tutti

di Ivan Cardia
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A Monza l'Inter si ferma e guarda il Napoli di Antonio Conte, il vero spauracchio di chiunque punti il titolo questa stagione, scappare già al primo posto dopo quattro giornate. Si ferma e non scopre nuove verità, ma ne ricorda di vecchie, dimenticate sull'altare di un turnover che forse Simone Inzaghi non riproporrebbe, almeno non così.

Lautaro poteva rimanere in panchina. Se era quello che si è visto: quando cerca troppo il gol, inizia a scansarlo. E in qualche caso - vedasi il disturbo su Frattesi nel più perrottiano inserimento - gli riesce pure di complicarlo ai compagni. Inzaghi ha detto benissimo: "Non c'è solo Lautaro, ci sono anche gli altri attaccanti". Se la sarebbero potuta vedere loro, hanno giocato tutti più di un ampio spezzone di gara. Resta il dubbio, però, che la scelta di schierare il Toro da titolare sia nata più per la sua voglia di non arrivare a secco contro Manchester City e Milan, che per una reale convinzione tecnico tattica.

L'Inter dipende da Barella e Calhanoglu. Insieme a Mkhitaryan - ieri non proprio al top - sono cervello, muscoli e polmoni della squadra. Praticamente tutto. Frattesi si è già menzionato: segna e resta un ottimo giocatore, ma con la palla al piede l'ex Cagliari viaggia su un altro pianeta, quello dei grandissimi. Ancora più ampia la distanza tra il turco e Asllani, che dopo due anni continua a non convincere appieno nonostante ottime doti tecniche. Più del paragone fra singoli, pesa il principio che è dietro la costruzione di questa squadra: non ha grandi individualità e non ha praticamente nessun giocatore in grado di decidere da solo la partita con guizzo. Sopperiscono trame di gioco che nessuno in Italia - e forse anche in Europa - ha: se mancano quelle, resta poco.

Il buco che tutti sanno. Anche questo già citato. In estate, lo sanno pure i muri di Viale della Liberazione e Appiano Gentile, Inzaghi avrebbe gradito proprio quel tipo di giocatore. L'Inter è ultima per dribbling, sia tentati che riusciti, in Serie A e pure per distacco. Lo è per la convinzione tattica e tecnica di poter trovare gli spazi con le linee di passaggio, anziché con i singoli. Ma lo sarebbe anche se questa convinzione non vi fosse, anche se non lo volesse: Taremi è un ottimo rimpiazzo di Lautaro e Thuram, mentre Arnautovic e Correa sono rimasti perché non li voleva nessuno. E al loro posto sarebbe servito proprio quel giocatore lì, il diez che manca e mancherà.

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