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ESCLUSIVA TMW - Piovanelli: "Il calcio mi ha deluso. Ho aperto una panetteria in pieno lockdown"

di Gaetano Mocciaro
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Che fine ha fatto Lamberto Piovanelli? Fiorentino di nascita, pisano d'adozione. Più che un idolo nella città della torre pendente: attaccante del secolo. Così votarono in tifosi nerazzurri l'anno scorso in una serata dedicata a Romeo Anconetani. Del resto i suoi gol hanno portato il Pisa due volte in Serie A, nel 1987 e nel 1990. Reti e prestazioni che lo hanno portato persino alla convocazione in Nazionale e alla chiamata da parte della Juventus. Oggi Piovanelli ha cambiato vita, lasciando il mondo del calcio subito dopo essersi tolto definitivamente gli scarpini. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci racconta la sua nuova vita.

Lamberto Piovanelli, di cosa si occupa oggi?
"Ho aperto a Pisa una panetteria e altri prodotti da forno, pasticceria, vino sfuso e altri generi alimentari. Si chiama 'Pane & Vino dal Piova'. È stata aperta in fretta e furia a marzo, nel mezzo della pandemia".

La tempistica è sicuramente coraggiosa. Come mai proprio in pieno lockdown?
"Quando hai due famiglie da portare avanti ti ingegni in tutto. Comunque era già programmato, il discorso alimentare mi interessava e una panetteria-enoteca era una cosa che mi interessava. La mia seconda moglie lavora con me e due dei nostri cinque figli ci danno una mano. L'idea è in futuro di ingrandirci. Sull'alimentare vogliamo andare sul buono-ottimo, cose ricercate che non si trovano da altre parti".

Essere Piovanelli a Pisa, certamente aiuterà negli affari
"Sicuramente. Ma sono convinto di una cosa: che al nome devi abbinare qualità, servizio, cortesia e simpatia. Altrimenti il solo nome ti può bastare per paio di mesi. Siamo contenti di come vanno gli affari, vuol dire che la gente approva il nostro servizio e i nostri prodotti".

La Toscana è zona rossa per l'allerta Covid. Come procede di questi tempi?
"Essendo il pane un bene di prima necessità abbiamo la fortuna di essere aperti. Il problema semmai è che in giro ci sono meno soldi da spendere".

Il calcio è un capitolo chiuso a quanto pare. Come mai?
"Non amo il mondo del calcio".

Sorprendente, essendo Lei stato un professionista
"Ha presente tutte quelle stranezze venute fuori negli ultimi 15 anni? Bene, per chi frequenta il mondo del calcio sono normali. Poi tutti hanno aperto la bocca e gli occhi, ma era la scoperta dell'acqua calda. I troiai nel mondo del calcio erano al corrente di tutti gli addetti ai lavori. Quando ho finito di giocare sono rientrato facendo un po' di televisione a una TV di Pisa, mi sono messo ad allenare qualche bimbo per divertimento. Ma il mondo del calcio, quello professionistico, per quanto mi abbia dato tanto mi ha levato anche tanto: non era più il mio mondo, quello che mi affascinava da bambino quando il mio babbo mi portava allo stadio a vedere la Fiorentina del mio idolo Antognoni".

C'è una breve parentesi dirigenziale a Pisa
"È durata un mese e sono stato quasi costretto ad accettare. Parliamo del periodo in cui Pomponi subentrò a Covarelli. Esperienza altamente negativa, che non ricordo volentieri".

Un fiorentino idolo a Pisa. Ironico, vero?
"A livello calcistico devo tutto al Pisa e a Pisa. Ho un rapporto speciale con la città e la tifoseria. E a Pisa sono tornato a vivere una volta terminata la carriera. Certo, a volte lo sento anche io questo disprezzo fra pisani e fiorentini, ma del resto il campalinismo fa parte soprattutto del toscano".

A Pisa fa così bene che viene acquistato dalla Juventus. Eppure in bianconero non scende mai in campo
"Questo perché al signor Giampiero Boniperti, per usare un termine elegante, stavo sulle scatole".

Cosa Le ha fatto di male?
"Io fui acquistato sotto la gestione Montezemolo, con Maifredi allenatore. Durante l'estate però cambiano i vertici aziendali, torna Boniperti presidente che porta con sé Giovanni Trapattoni come allenatore. A questo aggiungiamo che avevo avuto degli infortuni. Ma a Trapattoni piacevo, mi avrebbe tenuto volentieri. Boniperti invece voleva a tutti i costi Fabrizio Ravanelli, all'epoca alla Reggiana e cominciò a farmi la guerra da subito. I rapporti si incrinarono immediatamente e invece che darmi pace, lasciandomi recuperare dall'infortunio, iniziarono a mettermi pressione per andare via. Persino Trapattoni, che all'inizio mi incoraggiava a darmi da fare perché diceva di avere bisogno di me un giorno venne in camera mia e mi disse che me ne dovevo andare. Chi fosse il mandante non c'era nemmeno bisogno di specificarlo, era chiaro. La Juventus non mi è mai stata simpatica, immaginatevi dopo quell'esperienza cosa possa provare per i bianconeri".

Quella è stata la svolta della sua carriera. In quel momento inizia la parabola discendente
"Se alla Juve mi avessero dato tempo per risistemarmi magari le cose potevano andare diversamente. Fu indubbiamente un brutto colpo, che ha condizionato il prosieguo della mia carriera, da lì in picchiata. Ho finito a 31 anni, presto per un calciatore, ma ormai non ero più contento di restare in quel mondo. Non vorrei passare per ridicolo ma gli ultimi anni erano stressanti e ho preferito dire basta e cercare un'altra strada".

Va ancora allo stadio, almeno come tifoso?
"Basta stadi, ho chiuso. Seguo sicuramente la Serie A, il Pisa. Ma ormai sono uno sportivo da divano".
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