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Il segreto dietro ai successi di Klopp e del Liverpool, il modello Red Bull che affascina il Milan e una strategia che in Italia non segue nessuno. Juve: la strada obbligata e viziata da Cristiano Ronaldo. Conte è tecnico da ciclo?

di Marco Conterio
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All'ombra del miglior progetto tecnico degli ultimi anni c'è un uomo che non ha una sua pagina Wikipedia. Che non compare davanti ai microfoni, che nelle foto delle grandi vittorie è sullo sfondo, col gruppo abbracciato, da solo, con le braccia al cielo. Michael Edwards è il figlio più importante, segreto ma prezioso, del Liverpool di Jurgen Klopp. E dietro a questo nome c'è una strategia che è quella che manca spesso in Italia. In breve: quarantenne, inizia come analista al Portsmouth, poi due anni al Tottenham, dal 2011 è al LFC. Dove ha ricoperto più ruoli, dal responsabile dell'analisi video e della performance al direttore tecnico e, dal novembre 2016, direttore sportivo. Michael Edwards è considerato un visionario perché, nel suo basso profilo, che in Italia è una chimera, un ruolo che non è proprio delle nostre metodologie, è un vero trait d'union tra Klopp e il successo del Liverpool.

In Italia non esiste un rapporto così Si discute spesso del ruolo di 'manager all'inglese' ma è quello che, attualizzato al 2020, il Liverpool è riuscito a trasformare meglio in realtà. "Non ho tempo per prendere tutte le decisioni". In questa frase di Klopp ci sono fiducia, deleghe, consapevolezza, speranza, successo. C'è tutto quel che i Reds hanno costruito dal 2016 a oggi. Quale allenatore, oggi, in Italia, può dire di avere questo tipo di ruolo e questa sinergia coi propri uomini mercato? Non scordiamoci le frasi che, pure di recente, Antonio Conte ha riservato su alcune scelte societarie dell'Inter. Maurizio Sarri è per definizione allenatore e pur avendo vidimato le scelte della dirigenza, c'è da immaginare che avrebbe optato per un centrocampo diverso sin dall'inizio della sua avventura a Torino. La situazione di Roma, con quella che è poi emersa come rottura tra staff tecnico e Gianluca Petrachi, è l'esempio di come in Italia sia difficile costruire e raccontare una storia simile.

Scegliere i giocatori giusti, al posto giusto. E vincere Jurgen Klopp è arrivato a Liverpool non vincendo nulla ma il suo è un progetto costruito nel tempo. Con milioni ma anche con scelte ponderate e ragionate. In fondo è andato a prendere giocatori dall'Hull City, Robertson, dal Southampton, Van Dijk, Lovren, Lallana, Mané. Il capitano, Henderson, è stato preso dal Sunderland e Firmino dall'Hoffenheim. Tecnicamente chi è arrivato da una grandissima squadra son due giocatori che poi non sono stati prime firme dei successi ma riserve d'alto borgo come Oxlade-Chamberlain e Milner e sempre per la loro funzionalità. Se ragioniamo di livello delle squadre da dove son arrivati i giocatori, allora la migliore è certamente la Roma con Alisson e Salah. Edwards e Klopp hanno avuto la pazienza d'aspettare e scegliere. Di credere nelle proprie idee, di non mollare mai, di resistere, di insistere. Di vincere. Hanno riportato, insieme, l'uomo ombra e il manager col sorriso più travolgente d'Europa, il Liverpool sul tetto del Continente prima e d'Inghilterra poi.

Il modello Juventus e Cristiano Ronaldo Hanno scritto la storia e la sensazione è che siano riusciti ad aprire un ciclo, qualcosa che riuscirà a durare nel tempo. C'è una realtà, una sola, in Italia, che riesca oggi a dare questa sensazione? L'unico modello è la Juventus, ma i bianconeri hanno preso una strada differente. Con Cristiano Ronaldo hanno cercato di colmare il gap creato dal calcio inglese con quello italiano a livello globale e per questo è una strada completamente differente da quella intrapresa dal Liverpool. Il contraccolpo economico del maxi investimento sarà, spiegano gli analisti, ammortizzato in toto solo quanto il bilancio sarà di 650 milioni e lì non ci sarà più necessità di fare pure plusvalenze. La Juve ha sofferto l'arretratezza degli investimenti e delle strutture del resto del pallone italiano, con le altre che non sono riuscite a starle a ruota e figuriamoci di modelli virtuosi come quello dei Reds. Paratici e Cherubini hanno contribuito a portar avanti un loro modello, vincente, ma totalmente differente.

L'Inter, l'Atalanta e il Milan di Rangnick Ci potrà provare ora l'Inter, che ha una dirigenza capace; ma Antonio Conte è un allenatore da ciclo lungo e duraturo? E' difficile immaginare un paragone, anche lontano, perché se l'Atalanta è quella che più le si avvicina come filosofia, c'è da dire che il rapporto tra staff tecnico e di mercato si regge sul filo sottile dei risultati. No, non esiste un Liverpool e non c'è un Marcus Edwards, qui in Italia. Ed è anche per questo che l'idea di Milan che ha in testa Elliott, previa eventuale cessione, con Ralf Rangnick al timone, affascina così tanto anche i commentatori. Perché è l'idea di un progetto che possa durare nel tempo, a prescindere dagli interpreti che verranno.

Il modello Lipsia Prendete il Lipsia, come esempio: finora alla guida della barca c'è stato il demiurgo tedesco ma Mintzlaff ha imparato la lezione e quella della Red Bull è una macchina oliata che funziona perché ha le base ha una sua filosofia. Diventa un modello, tanto che il Monaco ha scelto Paul Mitchell come ds proprio con la speranza di copiarlo: servirà pazientare, però, perché Roma non si costruisce in un giorno e nel Principato di recente il tempo non è stato dalla parte di chi doveva rifondare la struttura. Jurgen Klopp, di Marcus Edwards, nel 2016 diceva che "il Liverpool sta costruendo proprio questo. Un modello che duri nel tempo e che ne superi gli interpreti". Col nutrizionista giusto, col tattico perfetto, Pep Lijnders, coi preparatori perfetti. Ogni protagonista scelto per ricostruire un club e lasciarlo eterno, almeno fino alla successiva rivoluzione. Potrà accadere anche in Italia, un giorno?
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