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Nove voti e un po' di coraggio

di Marco Ceccarini
per Amaranta.it
DANIELE MASCOLO/PHOTOVIEWS
DANIELE MASCOLO/PHOTOVIEWS

Livorno - Tutti vogliono mandare a casa il presidente della Figc, Carlo Tavecchio, considerato il maggiore responsabile della mancata qualificazione dell’Italia ai mondiali di Russia dell’estate 2018, ma nessuno sa come fare. Tavecchio, infatti, non solo non si è dimesso, ma anzi lavora per rimanere al comando.

La scadenza naturale del suo mandato è nella primavera 2020. E Tavecchio, per tentare di raggiungerla, non ha esitato a licenziare Giampiero Ventura, l’allenatore che ha mancato sul campo la qualificazione, addossando a lui ogni responsabilità nel tentativo di rifarsi una verginità, ignorando che è stato lui a sceglierlo ed incaricarlo. Ora promette di affidare la panchina a un commissario tecnico di caratura internazionale, tipo Carlo Ancellotti, aggiungendo che domani, lunedì 20 novembre, in sede di consiglio federale presenterà un programma per rifondare il calcio italiano.

Anche Ventura non ha fatto una bella figura. Dopo una disfatta del genere, assumendosi le proprie responsabilità, avrebbe dovuto dimettersi un minuto dopo il triplice fischio della fatale partita contro la Svezia. Invece non si è assunto le sue enormi responsabilità e ha preferito farsi esonerare. In questo modo la Figc dovrà pagargli il compenso fino al giugno 2018. Gli ultimi due anni di contratto, fino al giugno 2020, saranno risparmiati perché vi è stata la mancata qualificazione. Infatti quando, nonostante i risultati poco incoraggianti, la scorsa estate la Figc ha prolungato il rapporto con Ventura, ha inserito la clausola che il prolungamento era valido solo in caso di partecipazione al mondiale. Se il prolungamento fosse stato valido a prescindere, oltre al danno, adesso la beffa sarebbe doppia.

L’onere più grande, però, ce l’ha Tavecchio. Su questo, non vi sono dubbi. E’ infatti Tavecchio che ha incaricato Ventura. Ed è sempre Tavecchio che gli ha prolungato il contratto di due anni, seppure con la clausola della qualificazione.

Ventura, come allenatore della Nazionale, ha dimostrato una chiara inadeguatezza. Una volta tramontata l’ipotesi di porlo sotto la supervisione di Marcello Lippi, che avrebbe dovuto svolgere il ruolo di direttore tecnico, la Figc ha infatti puntato su di lui, che però ha mostrato di non essere in grado di gestire la tensione nervosa. La scarsa esperienza internazionale, il poco carisma e il mancato feeeling con alcuni dei giocatori più anziani, hanno fatto il resto. L’Italia, come squadra, si è progressivamente sgretolata. L’armonia nello spogliatoio è saltata. E dopo la pesante sconfitta contro i rossi di Spagna a Madrid, vista l’inadeguatezza tattica, un qualsiasi presidente di federazione avrebbe risolto il contratto con lui e scelto un altro commissario tecnico. Invece Tavecchio ha confermato la fiducia a Ventura e l’epilogo è stato un dramma annunciato.

Con tutto ciò, Tavecchio non si è dimesso e adesso sta addirittura lavorando per rimanere in sella. Ha incaricato il suo amico Adriano Galliani, ex amministratore delegato del Milan di Silvio Berlusconi, di convincere Ancellotti ad accettare la panchina azzurra. E nel frattempo si è messo a cercare consensi ed appoggi in vista di domani.

Al momento sono diciassette i consiglieri federali in carica. Assenti quelli della Lega nazionale di A e quelli della Lega di Serie B perché entrambe commissariate, in consiglio siedono tre rappresentanti della Lega professionisti di C, sei della Lega nazionale dilettanti, un esponente dell’Associazione italiana arbitri, quattro dell’Associazione italiana calciatori e due rappresentanti dell’Associazione allenatori di calcio. Nove, quindi, sono i voti che servono a Tavecchio per continuare a comandare il calcio italiano ed a percepire, in modo diretto o indiretto, come hanno rivelato in questi giorni la Verità e il Fatto Quotidiano, circa 100 mila euro l’anno lordi oltre all’indennità di 36 mila euro lordi che gli arrivano dal Coni, come a tutti i presidenti di federazione, in quanto capo della Figc.

Classe 1943, sindaco democristiano del suo paese natale, Ponte Lambro in Lombardia, per quattro mandati consecutivi, dal 1976 al 1995, Tavecchio è stato presidente della Lega dilettanti dal 1999 al 2014, quando è stato eletto presidente federale. A partire dal 2009 è stato vicepresidente vicario della Figc. Dal 1970 al 1998, inoltre, ha subito diverse condanne penali, come ha sottolineato il giornale Blitz Quotidiano, per omissioni, titoli di credito falsi ed evasione fiscale.

Per mantenere la presidenza, in questi giorni, Tavecchio ha cercato le adeguate alleanze. Si è garantito il supporto dell’attuale capo della Lega dilettanti, Cosimo Sibilia, vicepresidente vicario della Figc, nonché del capo degli allenatori, Renzo Ulivieri, l’altro vicepresidente federale. La sua speranza è che tutti i rappresentanti del mondo dilettantistico e dell’Aiac in seno al consiglio federale, si compattino con i rispettivi presidenti. Ma la prospettiva non è affatto scontata.

Sibilia è figlio di Antonio Sibilia, indimenticato patron dell’Avellino, che negli anni Ottanta e Novanta salì alla ribalta delle cronache per le frasi colorite che diceva, come “io può”, ma anche e soprattutto perché una volta si recò a Caserta, dove era in corso il processo a Raffaele Cutolo e alla Camorra, per avvicinarsi al capo clan, salutarlo con tre baci sulla guancia e regalargli una medaglia d’oro. Sibilla senior era amico di Ciriaco De Mita, ex leader della Dc ed attuale sindaco di Nusco in Irpinia, mentre il figlio, oltre che presidente della Lega dilettanti, è senatore di Forza Italia.

Ulivieri, l’allenatore rosso, è di tutt’altra matrice politica. In passato vicino al Pci, in seguito iscritto a Sel, non ha mai nascosto di essere un uomo di sinistra. Eppure, in federazione, si trova in pieno accordo con Tavecchio. Tanto che, dopo aver dichiarato il suo sostegno al presidente, si è scagliato contro il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ricordando che non è un superiore gerarchico, quando questi ha chiesto a Tavecchio di fare un passo indietro.

Meno definite sono invece le posizioni del presidente della Lega pro di Serie C, Gabriele Gravina, nonché del capo degli arbitri, Marcello Nicchi, che si è affrettato a dire che gli arbitri hanno il pregio di ascoltare prima di prendere una decisione. Entrambi, sia Gravina che Nicchi, non si sono tuttavia espressi in modo chiaro e definitivo. Non sono pertanto da escludere sorprese. E per quanto riguarda la Serie C, secondo informazioni in possesso di Amaranta.it, non tutti i delegati sarebbero disposti a sostenere Tavecchio.

L’unica componente dichiaratamente contraria, in ogni caso, è quella dei calciatori, capitanata da Damiano Tommasi, presidente dell’Aic. I calciatori hanno chiesto, fin da subito, un reale cambiamento partendo dal presupposto che la Figc, dopo il recente fallimento sportivo, deve essere rinnovata nel profondo.

Tavecchio, domani, giocherà tutte le carte possibili. Punterà probabilmente sul fatto che la scelta di Ventura è stata condivisa. Dirà che Malagò era stato informato e che nulla aveva obiettato. Ricorderà che molti, in federazione, avevano trovato Ventura idoneo ad allenare la Nazionale e che tutti o quasi hanno annuito al prolungamento del contratto all’ex tecnico del Torino, avvenuto nel torpore pressoché generale. Ricorderà inoltre gli ultimi successi della Figc, come la Var che trova consensi in tutta Europa, e che la Figc è una delle poche federazioni con il bilancio in forte attivo. E questo nonostante, negli ultimi anni, la federazione calcistica sia stata massacrata dai tagli del Coni. Inoltre potrebbe ricordare a Malagò, ma anche al ministro dello Sport, Luca Lotti, che pure gli ha chiesto un passo indietro, che questo benedetto retropasso, ultimamente, è stato chiesto soltanto a lui, mentre nessuno lo ha mai chiesto, ad esempio, ad Alfio Goimi, presidente della Fidal, la federazione di atletica che viene da una lunga serie di fallimenti sportivi e ha un bilancio in passivo di oltre un milione e 300 mila euro, risultando la federazione più indebitata d’Italia dopo la Fci del ciclismo, il cui deficit sfiora i 2 milioni di euro, mentre il calcio è in attivo di quasi 6 milioni.

Tavecchio è sicuramente pronto a gettare tutto questo sul tavolo. Eppure tutto questo ed altro ancora potrebbe non bastargli. L’impatto emotivo che ha avuto e ha sulla gente comune l’eliminazione dell’Italia dal mondiale di calcio non è minimamente paragonabile a quello provocato dagli insuccessi dell’atletica o dai conti in disordine della stessa atletica o del ciclismo. Il cambio di allenatore e le promesse di rinnovamento sembrano insufficienti.

Quasi sicuramente Tavecchio punterà sul fatto che la Figc, al pari di tutte le altre federazioni sportive, è un ente privato che gode di autonomia, pur essendo sottoposta alla vigilanza del Coni. E che lo statuto del Coni, enunciando i poteri del proprio consiglio nazionale, chiarisce che questo, su proposta della giunta esecutiva, può deliberare il commissariamento delle federazioni sportive e delle discipline associate solo in caso di gravi irregolarità nella gestione o di violazioni nell’ordinamento sportivo da parte degli organi direttivi oppure se viene constatato il non funzionamento dei medesimi od ancora se non è garantito il regolare svolgimento delle competizioni nazionali. In altre parole, il campo d’azione del Coni, rispetto alle federazioni, è piuttosto limitato e comunque nulla ha a che fare con gli insuccessi sportivi che, attenendo a questioni agonistiche, non possono essere sindacati dal Coni perché non può essere minata l’autonomia tecnica di una federazione.

Paolo Galgani, ex capo indiscusso del tennis italiano, non curante delle richieste di lasciare che gli arrivavano da tutte le parti, nell’impossibilità da parte del Coni di commissariare la Fit, rimase oltre vent’anni alla guida della federazione del tennis, finché le dimissioni di Adriano Panatta da capitano non giocatore e le pressioni politiche e del mondo dello sport, isolandolo, lo costrinsero a dimettersi. E Galgani, altro che questioni tecniche, era accusato di creare scompiglio all’interno della federazione!

Tutto questo per dire che il Coni ha poteri molto limitati rispetto alle federazioni, come si è visto peraltro di recente proprio con Tavecchio quando il numero uno della Figc, a più riprese, ha usato parole discriminatorie verso i neri, gli ebrei e gli omosessuali. Neppure in quei casi il Coni ha potuto commissariare la federazione calcistica. Perché solo il consiglio della stessa può decretare la caduta del proprio presidente.

Tuttavia, anche se i suoi poteri sono limitati, il presidente del Coni può esercitare una sorta di pressione morale. E questo ha fatto, Malagò, quando ha invitato Tavecchio a farsi da parte, anche se poi si è affrettato a chiarire che, nonostante la mancata qualificazione abbia gettato l’Italia calcistica nello sconforto, il massimo organismo sportivo non può commissariare la Figc. Alla pressione di Malagò, poi, si è aggiunta auella del ministro Lotti ed a dire il vero anche quella di gran parte della stampa nazionale e specializzata.

Ma il futuro della federazione calcistica italiana è in mano solo ed esclusivamente al suo consiglio federale. E domani, dopo aver ascoltato le proposte di Tavecchio, i delegati potranno esprimersi. Sarà dunque in quella sede, dopo la relazione di Tavecchio, che i rappresentanti delle varie componenti dovranno dimostrare di avere un po' di coraggio e di volere bene al calcio italiano. Molto semplicemente, anche se può sembrare una cosa contro natura, la maggioranza dei consiglieri dovrà rassegnare le dimissioni, facendo venir meno la funzionalità del consiglio federale e quindi portando la Figc a nuove elezioni. Solo così la Figc potrà avere un nuovo presidente.

Insomma, se nove voti servirebbero a Tavecchio per continuare ad essere il padrone del calcio, nove voti, anzi nove dimissioni, serviranno domani per azzerare tutto e voltare pagina, con buona pace di Sibilia e di Ulivieri, per far rinascere la federazione calcistica e la Nazionale italiana quattro volte campione del mondo.


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