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La Juventus alla riconquista di se stessa

di Roberto De Frede
per Bianconeranews.it
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La critica che si fa alla Juventus, pur seconda in classifica, scaturisce dal grande amore che il tifoso nutre per questa squadra e dalla piacevole abitudine di ammirarla come un’opera d’arte perfetta e vincente, cui nulla vorremmo aggiungere, né togliere. Tale è stata da sempre la natura bianconera, sottraendosi all'avvicendarsi dei tempi e ai loro criteri di valutazione: bella per sempre. La Juventus, un capolavoro che è sembrato spesso in anticipo sul suo tempo, invece – avrebbe detto Jean Cocteau – era il tempo in ritardo rispetto ad essa. L’emozione che si provava assistendo ad una partita dei bianconeri era quella di un salto nel futuro, oltre il semplice gioco del calcio: un modello da seguire per tutti, ma inimitabile. Il talento, lo strapotere fisico, la mentalità, il senso di libertà e responsabilità dei calciatori, e quella benedetta anticipata sensazione di vittoria che era appiccicata alla maglietta palata, creavano per osmosi una forza invincibile. L’uomo-calciatore donava tutto se stesso alla Juventus, e l’idea-Juventus centuplicava il valore di chi scendeva in campo per un unico obiettivo. Perché si sa, nello sport, checché se ne dica, vincere è ciò che conta, il resto è una comparsata scenica, una triste, rabbiosa e languida passerella.

La Juventus deve riprendersi tutto questo, riconquistare se stessa, la sua natura e le sue virtù, oneri, onori e blasone e si spera lo faccia in tempi più brevi della Reconquista, durata quasi ottocento anni. In quella storica avvenne la progressiva conquista dei regni moreschi musulmani della penisola iberica da parte degli eserciti cristiani, che terminò il 2 gennaio 1492, con la capitolazione di Granada e del suo ultimo sultano Boabdil, in favore di Ferdinando II d'Aragona e Isabella I di Castiglia, Los Reyes Católicos.

In questa sportiva bisogna comprendere e usare bene il CAOS, sì avete letto bene, non uscirne bensì usufruirne. Non ci si lasci ingannare dal significato che la parola greca ha assunto solo a partire dal XIV secolo. Ovvero quello di “disordine primordiale”, “mescolanza”, fino ai moderni “sistemi complessi” della fisica e della matematica. Platone, nel dialogo Timeo, non ha dubbi. Quel caos descritto da Esiodo nella Teogonia (Dunque, per primo fu il Chaos, e poi…) non indicava il vuoto, l’assenza totale di sostanza, bensì una materia informe e rozza da cui attingere e cominciare. O per dirlo con le parole di Michelangelo, il dare forma partendo dal tutto e procedendo non solo per aggiunta, ma anche necessariamente per sottrazione: per “arte del levare”. La Juventus ha il dovere di trarre qualcosa di buono, riconquistando se stessa, ricordando la sua storia e gli ingredienti che l’hanno resa invincibile in tante ere calcistiche.

Oggi è creta non ancora raffinata da levigare, nel corpo e nell’anima. Bisogna affidarci ad una saggia ed esperta direzione tecnica, affinchè rimetta in campo uomini-calciatori degni di quella maglietta e della leggenda impressa di bianco e nero. La Juventus ha bisogno del talento dei campioni – non solo di buoni giocatori - per riconquistare l’essenza di cui è plasmata: la vittoria. Da un pezzo di marmo grezzo Michelangelo seppe creare la Pietà; tra milioni di parole, Omero scelse proprio quelle e non altre destinate a diventare prima manifesto del pensiero greco, poi immortale letteratura. E tornando alla Teogonia di Esiodo, se in principio non era, per natura, il caos, siamo allora noi i primi responsabili del nostro agire, e dei suoi risultati.

Del resto anche Marcello Lippi alla presentazione del film documentario 'Adesso vinco io', apologia della sua carriera trionfale azzurrabianconera, alla domanda su cosa servirebbe alla Juve d’oggi per raggiungere il livello della sua invincibile armata, ha risposto nella maniera più semplice e puntuale: “innanzitutto i grandi calciatori, i campioni come c'erano in quegli anni”. Come dargli torto? Così si eviterebbero anche le critiche… ma solo di quelli che amano la Vecchia Signora, perché poi ci sono coloro che criticano sempre, con o senza “reconquista”, ma quella è soltanto invidia di franchi tiratori, sabotatori e gente che per essere ha bisogno di criticare, è un’altra storia… da sempre raccontata e senza fine.

Roberto De Frede


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