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Lapo de Carlo: "La guerra di Antonio"

di Redazione TMW
Fonte williamhillnews.it
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È nella natura umana che dai contrasti vengano fuori alcune delle cose migliori. La storia dell’uomo, se vogliamo dare uno sguardo più ambizioso e aperto, dice che tra i tumulti sono state create formidabili opere d’arte e architettoniche, sono emerse intelligenze capaci di trasformare il mondo e anche nello sport il contrasto ha portato risultati straordinari. L’Italia di Bearzot e Lippi contro i giornalisti, la Lazio di Maestrelli che aveva giocatori che entravano negli spogliatoi con la pistola, l’Inter di Mourinho contro tutti e altri. La serenità e l’equilibrio non sono valori così indispensabili per vincere lo sanno bene tanti grandi allenatori che hanno creato spesso artatamente dei conflitti per motivare squadre che avevano bisogno di scosse elettriche per avere stimoli.
In questo finale di stagione l’Inter si è trovata al centro di una battaglia intestina tra il suo allenatore e i vertici del club: sono volati gli stracci e accuse tanto pesanti da lasciar pensare che la posizione del tecnico potesse crollare da un momento all’altro. I giornali hanno apertamente fatto il nome di Allegri come suo successore con un ennesimo cambio di scena della recente storia nerazzurra ma il pretesto non è arrivato. L’Inter ha vinto con il Getafe meritando il passaggio del turno in Europa League, nonostante un brutto inizio di partita con due occasioni degli spagnoli in cui Handanovic è stato decisivo. Da quel momento la squadra di Conte ha preso in mano la situazione, ha creato diverse occasioni e ha trovato il gol grazie alla robustezza e alla qualità di Lukaku. Nella ripresa lo stesso attaccante non ha saputo chiudere in rete un assist perfetto, Danilo D’Ambrosio si è esibito in una rovesciata straordinaria in aria del Getafe che avrebbe meritato il gol e poi la sofferenza fino al raddoppio di Eriksen, entrato fin troppo tardi. Il passaggio del turno va a calmierare la situazione per almeno cinque giorni e dice chiaramente che l’ultimo capitolo va ancora scritto.
Conte ha promesso una conferenza stampa di fine stagione in cui dirà tutto quello che pensa, ma l’evoluzione dei fatti degli ultimi giorni fa pensare al fatto che la sua ultima esternazione polemica arriverebbe solo se fosse sicuro di andare via o di essere comunque esonerato dalla società. Il contatto telefonico con Zhang è servito a tamponare momentaneamente la questione, ma non è sufficiente a far tornare gli equilibri che invece avranno bisogno di un confronto molto aspro con delle conseguenze. Il paradosso dell’Inter e dei suoi tifosi è che non trova mai pace nemmeno quando ottiene il miglior piazzamento degli ultimi nove anni, per chiudere la stagione battendo due delle quattro squadre più in forma del campionato, tra cui l’Atalanta che aveva preso a pallate quasi ogni formazione incontrata. Può essere che questo a Conte interessi relativamente perché per lui il secondo posto non ha valore ma non può non sapere che finire a un solo punto dalla Juventus e passare il turno con il Getafe, così com’è andare più avanti possibile in Europa League, gli garantisce più peso politico all’interno della società.
Quello che è certo è che ogni anno all’Inter si creano dei contrasti che dividono stampa e tifosi. Da Moratti a Thohir, da Mazzarri a Mancini, da Suning a Spalletti, da Icardi a Conte, nel club si celebra ogni anno una sorta di referendum sul personaggio contrastato di turno, ma sarebbe anche ora di capire che il mondo non è manicheo e non esistono i buoni e i cattivi così come le verità semplici. Non è con gli allontanamenti o gli esoneri che si risolvono le cose, ma con una cultura societaria che l’Inter sta faticosamente cercando.
Forse l’unico dato che emerge in questi anni è che troppe persone hanno anteposto e antepongono i propri interessi a quelli della società.
Ora la squadra c’è e vi è anche un ottimo allenatore, al netto del suo temperamento turbolento, oltre a una dirigenza migliore di quello che viene dipinta. Dalla guerra può nascere un fiore.
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