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L'importanza di mettersi in discussione: l'Inter non dimentichi da dov'è arrivata

di Daniele Najjar
per Linterista.it
www.imagephotoagency.it
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L'Inter di Antonio Conte nel 2020/21 ha messo fine ad un ciclo che sembrava non terminare mai, quello dei 9 scudetti vinti dalla Juventus. Quella squadra è rappresentata oggi dall'ossatura dei vari Bastoni, Darmian, Barella e Lautaro. Tutta gente che, quando arrivò il tecnico leccese in nerazzurro, non si era ancora consacrata al livello cui è riconosciuta essere giunta oggi. 

Non scopriamo noi che il primo motivo per il quale Conte è riuscito a vincere al secondo anno a Milano - ed in generale per il quale ha sempre avuto successo nella sua carriera - è stato quello di essere riuscito a fare rendere al 100% i propri giocatori. Tanti di loro magari non sapevano nemmeno di poter giungere a quel livello, per loro stessa ammissione. Questa consapevolezza ha fatto remare tutti dalla stessa parte, determinati a non mollare davvero un centimetro sapendo che altrimenti gli avversari, sulla carta più forti, avrebbero vinto di nuovo, per la decima volta di fila. Vinse la fame, vinse la voglia. Prima della tecnica di Eriksen, delle sgroppate di Hakimi e dei gol di Lukaku.

L'Inter è la più forte, ma non è sempre stata la più forte: ci è arrivata con il lavoro. 

Con l'arrivo di Inzaghi c'è voluto del tempo per ricostruire in parte una squadra che ha cambiato diversi pezzi. E l'Inter è tornata a vincere dopo due anni di purgatorio. Lo ha fatto dopo aver ritrovato quella scintilla che serviva per ricordarsi di quanto fosse di valore l'ossatura che si era costruita. Nel percorso in Champions e nella finale di Istanbul nasce lo scudetto straordinario della passata stagione. Perché? Perché l'Inter ha annusato nuovamente il livello cui poteva giungere mantenendosi salda in quei valori che aveva in parte rischiato di smarrire.

In questa squadra non ci sono superstar. Non ci sono Vinicius, Bellingham e Haaland. Il Real ha vinto delle Champions League sapendo che con gente come Modric, Casemiro e Kroos in qualche modo avrebbe trionfato. L'Inter questa sensazione non se la può permettere. 

I giocatori di questa Inter sanno di essere nella squadra più forte. Contro il Milan ed in generale in questo inizio di campionato è sembrata mancare un po' di umiltà e di capacità di rimettersi in discussione, come solo i veri campioni sanno fare. Quelli che non hanno mai la pancia piena e che sanno che compiacersi della propria forza ti fa perdere giusto quell'1% di cattiveria e voglia che poi farà vincere gli avversari. 

Una volta vinto, la chiave è quella di mettersi in discussione. Lo fanno i migliori d'altronde: altrimenti come avrebbero fatto Messi e Cristiano Ronaldo ad essere sempre al top, per 20 anni? La stessa Juventus ha avuto fino alla fine del suo ciclo, o quasi, quel Buffon che a 40 anni accettava le critiche e si rimetteva continuamente in gioco per dimostrare a tutti di essere ancora il migliore. In nerazzurro Zanetti sa quante volte è stato messo come possibile panchinaro, nel corso della sua carriera, per poi essere schierato sempre titolare, da tutti i tecnici passati a Milano.

Siamo ancora a settembre ed il momento di rimettersi in discussione è questo. Per non ritrovarsi poi a chiedersi come sia stato possibile che una squadra così forte sia incappata in una serie di sconfitte inaspettate, dopo aver visto minata la propria sicurezza. La squadra di Inzaghi ora ha avuto qualche intoppo e uno schiaffo vero e proprio. La forza caratteriale starà nel far vedere che da questo schiaffo riuscirà a dimostrare che è ancora la più forte. 

Altro appunto: si dice spesso che l'Inter abbia 22 titolari. Ecco, magari questa consapevolezza ha spinto Inzaghi a decidere di cambiare in toto il centrocampo in una partita come il derby. Certo, se è vero che nessuno in Italia ha cambi come quelli che si possono permettere i nerazzurri, è altrettanto vero che non tutte le seconde linee incarnano oggi ciò che rappresentano i titolarissimi. Finire il derby senza Bastoni, Mkhitaryan, Barella e Calhanoglu in campo è stato un segnale forte, forse controproducente, perché insieme a Lautaro e Dimarco rappresentano anche l'anima di questa squadra. 


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Venerdì 27 Settembre 2024