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Ora Sarri ha 180 minuti per riprendersi la Juventus

di Ivan Cardia
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© foto di Alessandro Garofalo/Image Sport

Quello di Lione è un passo falso che a Maurizio Sarri proprio non serviva. Perché la sconfitta della Juventus è arrivata al primo appuntamento clou della stagione, e preoccupa soprattutto per le modalità. L'1-0 si può rimontare, ma sentir dire a un allenatore, a fine febbraio, che non è ancora riuscito a trasmettere i propri concetti alla squadra è preoccupante. Più del risultato, spaventa il gioco, anzi il non gioco della Vecchia Signora. Anche e soprattutto perché è stato questo il motivo che ha portato i vertici bianconeri a cambiare in estate. E se il sarrismo non esiste, a Torino ne basterebbe un surrogato, un'altra declinazione. Quella circolazione di palla veloce che, invece, per ammissione dello stesso Sarri resta un problema. E se, oltre a un gioco spumeggiante, iniziano a mancare anche i risultati, le preoccupazioni si moltiplicano.

Il grosso saranno i 90 minuti di metà marzo. Il 17 la Juve ospiterà il Lione, con l'obiettivo di una piccola impresa: non lo sarebbe a livello numerico, perché basterà vincere 2-0. Ma nelle ultime dieci occasioni in cui i bianconeri hanno perso 1-0 alla andata, la rimonta è riuscita soltanto tre volte: è un dato che dà l'idea della piccola impresa, appunto. E non può lasciare tranquilli Agnelli, Paratici, Sarri e i tifosi. Prima del ritorno col Lione, d'altra parte, ci saranno altri due scogli cruciali: domenica (forse) ci sarà il derby d'Italia contro l'Inter. Porte chiuse o no, è uno snodo fondamentale. Perché l'ambiente si aspetta una reazione veemente dopo la sconfitta di Lione. E perché dagli scontri diretti passerà il triello con nerazzurri e Lazio per il nono scudetto consecutivo. Poi ci sarà la semifinale di ritorno in Coppa Italia contro il Milan, la prima gara davvero da dentro o fuori in questa avventura di Sarri alla guida della Juve. Forse la coppa nazionale non è l'obiettivo prioritario, ma a questo punto tutto passa dai prossimi risultati. E da quella palla che deve iniziare a circolare un po' veloce, se il toscano vuole scacciare i fantasmi, di Guardiola, di Allegri o di chi per loro, che circolavano attorno a lui già prima della débâcle di Lione.

Gioco, risultato, testa. Il primo stenta, il secondo fin qui c'è stato ma a Lione è mancato, la terza colpisce più di tutti. Sarri dice che non riesce a trasmettere l'idea di un possesso veloce, Bonucci spiega che nel riscaldamento gli undici titolari erano un po' spenti. Come sia possibile, prima di un ottavo di finale, di Champions, è una domanda che alla Continassa devono porsi, perché le coppe si alzano con la testa, prima ancora che con le mani e con i piedi. Contro Inter e Milan servirà un altro gioco, un altro risultato, un'altra mentalità. E chiariamo: riprendersi la Juve non vuol dire che, senza vincere e convincere, possano esservi scelte improvvise in bianconero. Perché non è nello stile della Vecchia Signora, e perché in fin dei conti la differenza la faranno quei 90 minuti di metà marzo, più dei prossimi 180. Che però sono decisivi, anche nell'immediato, per rimandare i giudizi negativi, perché oggi sembra tutto nero ma basta poco a cambiare il colore della prospettiva. A patto di dare una svolta. Nel segno di Sarri, mica del sarrismo.

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