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Conceicao, il Cholo 2.0. È tra i segreti da rubare al Porto, una grande d’Europa

di Ivan Cardia
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

Il cholismo imperversa da anni, sporco e cattivo come Simeone che non stringe la mano a Klopp dopo la sconfitta, ma pure vincente come l’Atlètico Madrid ha dimostrato di saper essere. Il conceicaismo magari andrà inventato, ma volendo possiamo anche farne a meno. Ismi a parte, Sergio Conceicao con Diego Simeone ha più di un punto di contatto. I comuni trascorsi italiani, ovvio; il carattere, anche. Ma, più in generale, il portoghese e l’argentino vivono il calcio come una sorta di battaglia campale in cui, prima ancora che giocare “bene”, conta mettere sotto l’avversario dal punto di vista fisico. L’agonismo portato allo stremo; la garra se, a proposito di luoghi comuni, vogliamo ricorrere a un cliché tra i più abusati del pallone. Qualche differenza, però, c’è: laddove l’Atletico di Simeone gioca un calcio che può risultare noiose perché spesso oltre allo spirito combattivo non sembra esservi molto, il Porto di Conceicao gioca “meglio”. Senza addentrarci in cosa voglia dire meglio, il futebol dei Dragoni strizza l’occhio all’estetica, ha un’applicazione maniacale ma anche più offensivo, sa divertire come quello dei Colchoneros dimentica di fare se non quando esalta per la battaglia che mette in scena. È una sorta di Simeone 2.0, anche se per arrivare ai livelli del Cholo il buon Conceicao dovrà fare a un certo punto un salto di qualità, misurarsi con un campionato big 5, provare a giocare la Champions per vincerla e non soltanto per partecipare magari sorprendendo. Nel frattempo, Conceicao è al Porto, ieri ha battuto il Milan, ha gli stessi punti dell’Atletico, ha discrete speranze di accedere al turno successivo e l’anno scorso ha buttato fuori la Juventus.

È uno dei segreti da rubare al Porto. Che, in Europa, è appunto una grande. Specie se lo si paragona alla dimensione che ci si aspetta abbia. I bianconeri ne sono stati scottati, ora anche i rossoneri. I Dragoes partono dalla terza fascia, ma sono da diverse stagioni stabilmente nell’élite del Vecchio Continente, e aver pescato loro è stata per il Milan una notizia quasi peggiore che trovare Atletico Madrid e Liverpool nel girone di ferro. Conceicao ne è un elemento chiave. Per i principi che trasmette, e per la continuità che riesce a dare a un progetto iniziato ormai quattro anni fa. Quando deciderà di smarcarsene, sarà un nome estremamente spendibile per la Serie A, chissà se magari per l’Inter, di sicuro per qualsiasi big d’Europa voglia prendere un allenatore, come dicono i francesi, con gli attributi. Non è l’unico segreto, però. Perché il Porto, pur essendo per certi aspetti un modello irripetibile, è comunque un modello da seguire per chi aspira a diventare grande. È la squadra di una città grande solo in un Paese piccolo, e questo chiaramente è un aspetto difficilmente replicabile altrove. Il Portogallo, in generale, beneficia degli ottimi uffici nel mondo del pallone di un certo Jorge Mendes, e anche qui le italiane possono fare poco. Per il resto, però, al Dragao mandano avanti una società che riesce a coniugare squadra e azienda: ottiene risultati, sia a livello sportivo che economico. In Champions è una potenza per quello che può ambire a fare, e il bilancio lo ha sempre in ordine, persino in utile. Potrebbe perdere a zero Jesus Corona, ma sa già chi vendere a peso d’oro nei prossimi mesi: Luis Diaz, oltre che giustiziere del Milan, è un piccolo gioiello. Diogo Costa ha appena rinnovato e promette una ricca cessione a stretto giro di posta. Solo due esempi, di una gestione che butta un occhio al campo e l’altro al bilancio. E poi, appunto, in panchina c’è anche chi fa la differenza.

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Giovedì 2 Maggio 2024
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