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Buffon e quella voglia matta di essere ancora protagonista: quant’è difficile smettere

di Ivan Cardia
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

In queste settimane va in onda, sulle frequenze digitali di Sky, Speravo de morì prima. Nella serie, Spalletti diventa un po’ una macchietta e l’alter ego di Perin ci racconta la penultima stagione da calciatore del non-più-giovane Totti, in una sorta di The Last Dance romanzata e romanesca, ma anche divertente e pop. Il Pupone è chiamato all’appuntamento con il momento che nessuno vuole davvero affrontare: quello in cui l’età che passa, anzi che è passata, ha il sopravvento e ti devi confrontare con la realtà. Puoi chiamarti Francesco Totti o Mario Rossi, puoi fare il calciatore o il ragioniere, può chiamarsi ritiro o pensione, può essere dorato o un po’ più grigio. Sta di fatto che allo scoglio fatidico, in pochi ci arrivano davvero convinti di voler appendere le scarpette al chiodo o buttare il badge nella spazzatura (perché per i comuni mortali di questo si tratta). Non è semplice capire che è arrivato il tempo di smettere e che la vita in fin dei conti ti riserva tante altre cose. Come finirà, lo sappiamo tutti, almeno noi appassionati di calcio: Totti rimanderà di un anno l’ineluttabile. Giocherà un’altra stagione con il doppio delle presenze e la metà dei gol, deciderà (più o meno) lui quando ritirarsi e l’Olimpico l’abbraccerà stretto come s’abbraccia uno che è stato prima tuo figlio, poi è diventato tuo fratello e infine potrebbe essere tuo padre.

Come finirà la storia di Gianluigi Buffon? Questo non lo sappiamo. Altro che fiction: il portiere più forte nella storia di questo sport sta ancora scrivendo il finale. E pare irrisolto ad accettare anche lui quel che a un certo punto sarà comunque inevitabile. Nella sua seconda vita da bianconero, ha vestito il numero 77 della Juventus e tra le altre cose ha strappato a Maldini il record di presenze in Serie A. In questa stagione è andato tra i pali dieci volte: meno di quante se ne sente addosso, più di quante ne giochino molti altri portieri di riserva del nostro campionato. A gennaio ha compiuto 43 anni e oggi s’interroga su cosa fare da giugno in poi. Ha già sorpreso tutti sapendo essere secondo non ingombrante di un uomo di dodici anni più giovane, ma questo ruolo di vice vero e proprio pare stargli stretto, ragion per cui potrebbe cambiare aria, di nuovo. Sarebbe un film già visto: è andato in scena tre anni fa quando sposò la causa del Paris Saint-Germain, provò a inseguire la Champions che rimarrà quasi sicuramente il grande cruccio di una carriera incredibile, chiuse alle spalle di Areola, che di anni in meno di lui ne ha venti e alla fine tornò a Torino. L’alternativa sarebbe rimanere in bianconero ancora una stagione: la Juve non s’opporrebbe, lui potrebbe timidamente dare un nuovo assalto alla coppa dalle grandi orecchie. Da attore non protagonista, e il problema sta lì per uno che è stato la vera stella del calcio italiano per ventitré anni di fila. La terza ipotesi: mettere i guantoni a prendere polvere, tirarli fuori semmai per qualche partitella con gli amici, togliersi la maglia e annodare la cravatta. Prendersi un anno sabbatico, magari. Capire cosa fare da grande: è il paradosso dei calciatori, che ci sembrano vecchi e forse si sentono tali, ma in realtà finiscono giovani, tanto giovani che a quell’età in altri settori qualcuno addirittura inizia. È arrivato il momento? A dirlo può essere soltanto Buffon. Ma per il diretto interessato è sempre più difficile riconoscere l'attimo che fugge o che è fuggito.

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Sabato 4 Maggio 2024
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