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Quello che nessuno dice su Marotta. Dai retroscena di Paratici al caso Nainggolan. A che punto si può parlare di esonero di Gattuso? I 60 milioni offerti dal Manchester United alla Juventus per Douglas Costa.

di Tancredi Palmeri
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Altro che serene feste. Mettere le giornate di campionato subito dopo Natale non provocherà solo incazzature in quei tifosi che vedranno le proprie squadre perdere, ma fa vivere ad alta tensione praticamente quasi tutte le squadre di Serie A, in un campionato dove praticamente finora solo in due riescono a sorridere pienamente.
E siccome quando ci sono i calci che volano nell’aria, l’Inter è campionessa nel metterci le faccia per prenderli sui denti, ecco allora l’esplosione del caso Nainggolan, proprio adesso che almeno i problemi disciplinari in questo anno e mezzo spallettiano sembravano uno dei pochi a essere risolti.
La decisione però di portare un po’ di mondo Juve (nel senso di ordine e gerarchia) in quello Inter da parte di Marotta - escludendo d’imperio Nainggolan - propone un’analisi che finora è stata fatta con estrema leggerezza. Forse qualcosa che nessuno ha avuto il coraggio, o la completezza di conoscenza, di dire.
Ovvero la domanda: che cosa ha preso l’Inter, prendendo Marotta?

Quello che Marotta non è - SI è detto che Marotta porta l’acume delle campagne acquisti vincenti dei sette scudetti della Juventus, dei colpi a sorpresa o a parametro zero. Errore, errore molto grosso. E guarda caso il primo a mettere le cose a posto è stato proprio Paratici, che in un’intervista ha detto che a scegliere i giocatori è stato sempre e solo lui, e non l’ex amministratore delegato.
Ora, magari Fabio Paratici si è fatto un pochino prendere da quella stessa dialettica che aveva trascinato le parole di Nedved sull’ex sodale, ma in verità non è andato così lontano dalla verità.
Tutti i colpi del mercato estero della Juventus, quelli che hanno cambiato la storia del calcio italiano degli ultimi anni, i Vidal, i Pogba, i Tevez etc. e ovviamente Cristiano Ronaldo, sono stati tutti totalmente fabbricati da Paratici. Dal punto di vista del mercato, a Marotta si devono di più quelli che hanno creato il gruppo storico dello scudetto, i Pirlo a parametro zero, le scelte sui Bonucci e Barzagli, ma dopo il primo biennio non è mai stato direttamente responsabile delle trattative juventine.
Se l’Inter ha preso Marotta per portarsi in casa la capacità di prendere grandi giocatori a prezzo d’occasione, o rapporti eccellenti nelle trattative con le ‘cancellerie’ dei grandi club europei, beh allora ha sbagliato dirigente da prelevare.
Due sono i grandi meriti di Marotta: fuori dal club, la creazione di un rapporto intenso tanto politico quanto economico con i club di seconda e terza fascia, che hanno creato quella rete di talenti di secondo piano che entra e esce dal controllo della Juventus, e crea valore nella politica di plusvalenze; fornendo da un lato una continua rendita per le casse bianconere, e dall’altro la possibilità di poter controllare il mercato italiano, facendo continua azione di disturbo sui concorrenti.
Una attività che però necessita di tempo, visto che Marotta non si è certo portato appresso i cartellini posseduti dalla Juventus.
Dentro il club invece, il merito di Marotta è invece stato la capacità di essere perfetto esecutore dal punto di vista sportivo dei desiderata di Andrea Agnelli, presidente sempre presente e negli anni sempre più presente, ma che per per tanto tempo ha visto il suo dg tradurre in ordine le sue volontà.
Questo sì, questo mancava all’Inter, questo potrebbe essere immediatamente utile: una sorta di “ingegneria gestionale” del club da parte di Marotta, che sembra essersi vista immediatamente con la decisione su Nainggolan.
Con una differenza però: pur essendo stato ab origine uomo scelto John Elkann, tuttavia Marotta nel tempo di Agnelli jr. è diventato perfetta estensione, uomo in totale comunione d’intenti e opere, e la sua autorità e autorevolezza nel club è stata tale perché non è stato mai vissuto come un mero esecutore, ma appunto come una continuazione del presidente (e chissà che proprio questo non l’abbia estromesso dalla Juve…).
Se all’Inter invece Marotta avrà una sommaria delega plenipotenziaria, ma senza un discreto però fermo e costante appoggio politico, allora l’autorità avrà poco effetto.
Sicuro che con Nainggolan si sia voluto immediatamente mandare un messaggio, faccia attenzione però Marotta: le scelte drastiche sono sempre dei punti di non ritorno e delle cambiali a scadenza, non si possono replicare. Sono una sorta di jolly con cui uno si gioca tutto: o sani il rapporto, oppure lo rompi definitivamente.
E all’Inter importa che le situazioni migliorino, non fare la faccia brutta fine a sé stessa.
Se la decisione drastica su Nainggolan (anziché una politica più silenziosa come avvenuto alla Juventus con Vidal e Pogba) avrà come risultato quello di smorzare il suo rendimento, o provocarne l’addio, allora usare il pugno duro con il belga sarà valso come darselo da soli in faccia.
Intanto, contro il Napoli non ci sarà Nainggolan, ed è un dato di fatto che finora con lui in campo l’Inter si era sempre impossessata delle partite (anche con il Chievo, il pareggio è arrivato solo quando lui era già uscito). Occhio a fare la voce grossa…

Quello che non si dice su Gattuso Detto che spiace umanamente parlare della possibilità che qualcuno perda il lavoro in un periodo simile dell’anno, e spiace ancora di più farlo per una persona che non è possibile non adorare come Rino Gattuso, detto ciò però va riconosciuto che il Milan sembra solo perdere tempo nel considerare se sia il caso che Gattuso possa o non possa essere esonerato.
I 6 punti con Frosinone e Spal sono la chiave. Giusto. Ma guardate che cosa è stato questo anno di Milan gattusiano, o meglio gli ultimi sei mesi della nuova stagione.
Il Milan avrà giocato bene circa tre partite in Serie A in questo campionato, con un organico che già da un anno lavora assieme, e con l’aggiunta di uno da 150 gol nelle ultime 5 stagioni come Higuain.
Nel frattempo Higuain è alla sesta partita consecutiva senza segnare in campionato, una serie negativa seconda solo alle 8 con il Napoli nel 2014.
Il gioco nell’ultimo mese è stato sconcertante. E non che prima avesse brillato, vedi la sconfitta morale prima ancora che di gioco nel derby.
Ma le tre partite senza gol sono scioccanti per una squadra come il Milan: non accadeva da 17 anni, dall’esonero di Terim (dopo il quale arrivò Ancelotti…).
Delle tre partite, la più ineffabile rimane lo 0-0 contro il Bologna, senza aver creato mezza occasione contro la squadra che forse gioca peggio in Italia.
Lo spirito di Wenger aleggia su Milanello, grazie al rapporto quasi simbiotico che l’allenatore francese vantava all’Arsenal con Gazidis, ma ci sono delle riserve da parte dell’entraineur sulla capacità di mercato a seguito alle ristrettezze imposte dalla sanzione Uefa.
Ma visto che il quarto posto è vitale, se questo è il trend di prestazione con Gattuso, sicuri che avere un interim che faccia un lavoro di normalizzazione (stile Pioli all’Inter due anni fa) non valga la pena?

Dulcis in Douglas - Dulcis in fundo, il mercato scalda i motori con l’offerta da 60 milioni del Manchester United per Douglas Costa. Obiettivo già individuato da Mourinho, e che è stato ribadito per dare un po’ di freschezza a Solskjaer. La Juve potrebbe pensarci la prossima estate, ma a gennaio non avrebbe senso, tanto più che la plusvalenza da 15 milioni non sarebbe nemmeno così trascendentale. Insomma, questo vento di novità lo United dovrà probabilmente farlo spirare da qualche altra parte…

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