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Quel che c'è di vero e di non detto su Haaland alla Juventus Under 23. Una storia che riguarda Salisburgo, Reynolds, Vinicius, Hauge, il Bayern: sono altre le società che devono (e possono) rischiare sul mercato

di Marco Conterio
Nato a Firenze il 5 maggio del 1985, è Caporedattore di Tuttomercatoweb. Già firma per Il Messaggero e per La Nazione, è stato speaker per RMC Sport e per Radio Sportiva
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"Haaland non è andato alla Juventus perché avrebbe giocato nell'Under 23". Le parole di Mino Raiola, unite al rendimento straordinario dell'attaccante norvegese, continuano a roboare nelle orecchie dei tifosi. Bianconeri e non. Ma quanto c'è di vero, di mediatico, di non detto, di mezze verità, in questa frase? Sono davvero pavide e senza coraggio alcune società nostrane, e tanto brave e coraggiose quelle straniere, o forse c'è anche altro? Intanto urge studiare il percorso e la carriera di Erling Braut Haaland, nato a Leeds in Inghilterra ma cresciuto e diventato calciatore nella sua Norvegia. A diciotto anni gioca con il Molde, in due stagioni fa venti reti in cinquanta presenze. Una media realizzativa da attaccante importante ma il fisico e capacità tattiche grezze non fanno pensare al predestinato che sta diventando giorno dopo giorno.

Il progetto Red Bull Li era un giocatore da prendere ma non per un ruolo da protagonista in una grande. Lo prende il Salisburgo e il passaggio non è banale. Al momento della firma il ds Christoph Freund dice di lui. "Abbiamo preso uno dei migliori giocatori giovani in Europa, e ha scelto noi rispetto a tante altre società importanti in Europa". Il trasferimento ai bibitari non è banale, dicevamo, perché è una delle società che investe di più nello scouting, col modello Rangnick ma che altrettanto può permettersi di farlo: in Austria ha budget più che doppio rispetto alle concorrenti, la cui forza non è certo quella delle grandi delle leghe più importanti. Sicché in quell'anno, oltre ad Haaland, ha preso pure un giovanissimo sedicenne Karim Adeyemi dall'Unterhaching, Jerome Onguene dallo Stoccarda e Antoine Bernede dal PSG, oltre agli affari incrociati con le squadre dell'universo Red Bull che porteranno nella squadra austriaca più importante anche Enock Mwepu dal Liefering. Sono giocatori che, a sedici, diciassette, diciotto, diciannove o vent'anni, sarebbero stati pronti per giocare in una grande come la Juventus oppure anche in un club di medio livello in Serie A? No. Avevano bisogno, in quello step di carriera, di una realtà diversa dalle grandi pressioni, per rilanciarsi dopo aver steccato il salto in una big, o per farlo da una lega inferiore.

Il Dortmund In Austria spezza record su record, in campionato e in Europa. Si intravedono i barlumi di quello che sarà un potenziale dominatore del calcio del futuro e poi, nel dicembre del 2019, arriva l'ora di decidere. Nel contratto ha una clausola da 20 milioni di euro, una cifra che per un talento simile non è impossibile da spendere per tanti club in Europa. Chi lo fa, chi è più convincente delle altre? Il Borussia Dortmund. Più delle inglesi, più delle spagnole, più della Juventus. Perché? Al Manchester United aveva un solo grande sposnor, il tecnico e connazionale Ole Gunnar Solskjaer e comunque non avrebbe giocato da subito titolare. "Il Dortmund è stato diretto -ha avuto modo di dire il ragazzo nei suoi primi giorni in giallonero-, dicendomi che aveva bisogno di me per il suo attacco". Mino Raiola, intermediario allora della trattativa e ora scelto come agente dal norvegese, ebbe modo di dire: "la squadra che ha avuto i contatti più forti e diretti con lui è stata il Manchester United. Ha pensato che non fosse il momento giusto per fare questo step nella sua carriera. Quando hai 19 anni magari preferisci non andare in Premier League".

Lo step Eccola, la verità. Lo step. Il passaggio. Cosa ha vinto il Dortmund negli ultimi 9 anni in cui la Juventus ha conquistato ogni stagione lo Scudetto? L'ultima Bundesliga per il club tedesco risale al 2012. Da lì due Coppe di Germania, tre Supercoppe tedesche e basta. Quello che, eccezion fatta per il titolo, più o meno in Italia ha vinto il Napoli (tre Coppe Italia, una Supercoppa). I gialloneri possono permettersi di fare queste scommesse, spesso vincendole (Dembelé, Sancho, per dire le due più eclatanti), altre no (Isak, Mor, Yarmolenko). Sulla bilancia rispetto alla Juventus o alle altre grandissime c'è intanto una minor pressione dalla parte dell'ambiente, una maggior cultura calcistica nel paese sul rapporto tra talento e minutaggio, anche ad alti livelli. Il gol di Jamal Musiala, classe 2003, col Bayern Monaco, mentre l'unico pari età che abbia esordito in A è il centrale della Primavera del Parma, Daan Dierckx, lo dimostra. Ma non è tutto qui.

Questione di pressione Ribaltiamo dunque la questione. La Juventus per l'Italia sta al Bayern in Germania. Quanti giocatori col profilo di Haaland, dunque 'uno dei migliori giovani da un campionato inferiore' ha preso per far giocare subito titolare la squadra tedesca? Se vogliamo trovare un profilo simile, ma Portogallo e Ucraina non valgono certo l'Austria, serve tornare sia a Renato Sanches, ed è andata malissimo, e a Douglas Costa. Altrimenti lo step è necessario, come è stato a sua volta per Merih Demiral che dalla Turchia è andato a Sassuolo, come sarebbe stato per Bryan Reynolds che la Juventus, al netto della questione status da extracomunitario, avrebbe voluto prendere in sinergia col Benevento. Haaland, bomber Champions del Salisburgo, sarebbe stato troppo per l'Under 23? Certamente. Sarebbe stato 'poco', sulla carta, per la prima squadra? A posteriori no, è chiaro, ma non si tratta solo di coraggio. L'esempio del Bayern è il più calzante, la diminuzione del rischio d'impresa passa anche dagli step precedenti che prima di arrivare in una grande, i giocatori fanno sempre. Lo dimostra anche il Real Madrid con Vinicius che ora è titolare ma che ha fatto apprendistato, giustappunto, nel Castilla, la seconda squadra dei Blancos.

Sono altri che dovrebbero rischiare Chi, con intelligenza, sta provando a prendersi questo tipo di rischi? Il Milan, che ha un margine d'errore attualmente più ampio. Dunque l'arrivo di Hauge dal Bodo Glimt va proprio in questa direzione. La Roma, adesso, con l'arrivo di Reynolds, dimostra di aver capito che nella fascia sotto all'Olimpo c'è sempre un margine per provare l'azzardo, per rischiare sul solco delle idee, dell'ambizione e dell'ignoto. Quello del norvegese e dell'americano è il triplo salto, quello di Barella dal Cagliari all'Inter, per esempio, il naturale passaggio di un giocatore che ha già dimostrato di poter recitare un ruolo importante in un campionato che conta. Chi dovrebbe farlo? La Fiorentina, che invece sta puntando sempre su giocatori che regalano poco futuro e anche pochi risultati. Il Torino, che invece ha deciso di rischiare poco anche sul mercato. Chi lo fa, chi crede nelle proprie idee, nella forza dello scouting e delle scommesse, raccoglie i frutti, come accade a grandi livelli all'Atalanta ma pure al Verona e alla Sampdoria, con esempi chiari sotto gli occhi di tutti, da Gosens a Ilicic passando per Damsgaard. Ma quell'Haaland lì non era ancora da Juventus. Ed era troppo per l'Under 23.

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