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L'ipocrisia del calcio per i tifosi. C'è un Titanic da portare in porto e manca la sincerità di ammetterlo: il sistema economico a rischio non riguarda solo Juventus, Inter e Champions League

di Marco Conterio
Nato a Firenze il 5 maggio del 1985, è caporedattore e inviato di Tuttomercatoweb.com. In passato firma per Il Messaggero e per La Nazione, conduttore su RMC Sport e Radio Sportiva.
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La Serie A è compatta per ripartire. Evviva il campionato, godano i tifosi, gioiscano per lo spettacolo. Poi, sotto il vestito, quella realtà che tutti apprezzerebbero esser raccontata con maggior sincerità e chiarezza. E dove ogni attore dovrebbe prender coscienza del proprio ruolo e del proprio compito. Perché tutti s'appellano alla regolarità dei campionati o all'aspetto ludico. Perché si discute di questi aspetti quando in soldoni ci sono quelli. L'onestà sarebbe ben più apprezzata dal tifoso che è magari sul lastrico e pure da quello che è semplicemente annoiato, piedi sulla poltrona e l'ennesima serie tv davanti agli occhi. "Vogliamo ripartire perché siamo un'azienda. Vogliamo farlo mettendo la salute al primo posto ma garantendola con ogni sforzo e mezzo. Perché non farlo metterebbe a rischio un intero sistema. Gli investimenti dei presidenti ma anche dei piccoli commercianti e di chi gravita attorno a questo mondo". Ecco. Ci fosse questa chiarezza, cristallina, forse sarebbe tutto meno indigesto, anche per il Ministro Vincenzo Spadafora che pare a tutto intenzionato fuorché all'overture di una delle prime aziende del paese. Perché il calcio è questo e chi governa deve provare a farlo ripartire perché non si perdano posti di lavoro e investimenti. L'Assemblea di venerdì 1 maggio ha dato, in questo senso, un messaggio di compattezza importante: collaborazione. Che ci sia una strategia per salvaguardare un sistema che non è solo lo stipendio di Cristiano Ronaldo o quello di Daniel Ciofani, ma pure l'incasso del ristorante davanti allo stadio, l'albergo che si riempie durante le trasferte, i bar e i negozi che si popolano, i trasporti e pure chi batte sulle tastiere sperando di poterlo fare ancora.

Responsabilità e soldi E' questo l'incomprensibile e assurdo paradosso del calcio di oggi. Claudio Lotito che s'azzuffa su una partita secca per lo Scudetto. Chi protesta per le promozioni, per le Coppe e per le retrocessioni. Chi discute dell'allenamento a quattro, a cinque o tutti insieme. Ieri la compattezza, elogiata dal Presidente Dal Pino che dovrebbe aver più poteri decisionali e non solo istituzionali. Perché altrimenti restano parole al vento, mentre il sistema rischia l'implosione. Le questioni centrali sono due. Il protocollo sanitario e i diritti televisivi. La messa in sicurezza delle strutture e i ritiri sono possibili: stringere i denti, per tutti i protagonisti, sarebbe un sacrificio ma sopportabile, considerato che sull'altro piatto della bilancia c'è lo spettro della recessione. Solo che c'è la salute che resta giustamente centrale. E se arrivassero nuovi casi di positivi? In Germania hanno dato risposte, cercando di valutare ogni casistica, compresa quella di non fermarsi ma di mettere tutto e tutti in sicurezza in caso di nuovi casi. E' il compito principale del governo del pallone: salvaguardare la salute di tutti e anche quella del sistema calcio. Poi la questione diritti tv. In poche parole: il pallone, da solo, non dirà mai stop, perché questo aprirebbe la strada ai broadcaster a scontistiche e dilazioni dei pagamenti. Se dovesse essere il Governo a fermare i giochi, allora sarebbe per causa di forza maggiore quindi impedirebbe simili situazioni.

L'impossibile strada francese In Francia tutto s'è fermato e ora c'è chi chiede di seguire l'esempio transalpino. Il Paris Saint-Germain è campione perché era indiscutibilmente primo ma lì pure il Tolosa minaccia ricorsi, quando era ben più che ultimo a soli miseri tredici punti in classifica. Farà cause il Lione, fuori dalle Coppe, e con l'orizzonte di fior di campioni che ora rischiano di partire. E' possibile replicare questo modello in Italia? Roma e Napoli sarebbero fuori dalla Champions League e considerata pure la media punti, il Milan ancora fuori dall'Europa League con l'Hellas Verona qualificato. E lo Scudetto? Andrea Agnelli ha cliccato sul mi piace quando gli è stata posta la questione di un titolo assegnato ad honorem, col campionato però sempre aperto. E le retrocessioni? In Francia hanno scelto per far scendere due squadre, perché la terza in fondo si decide coi play-out con la Ligue 2 solitamente. Solo che in Italia la matematica dice tre giù e tre su dalla Serie B, con la terza che sale con il play-off. Le ultime dicono due e due, ma anche qui si prospettano nel caso settimane di casi e cause, Frosinone in testa alla marcia. E per quanto riguarda la C? C'è l'astrusa proposta delle tre prime dei gironi e della quarta col sorteggio, ipotesi che sembra bocciata anche dal più coraggioso dei giocatori d'azzardo.

E' un sistema a rischio Che il calcio inizi a chieder d'esser trattato da azienda e come essa si comporti, adesso. Non c'entra l'aspetto ludico, per questa stagione. La priorità adesso è superare il traguardo della linea di galleggiamento. La Serie A che si ferma significa che non prosegue la B, che la C traballa se non crolla, che la D sprofonda. E i Dilettanti col futuro a rischio sono le nostre squadre del quartiere, quelle dei nostri figli, perché è a valle che la frana colpisce più forte, dopo la discesa. E con queste piccole società, anche tutto l'indotto andrebbe a risentirne. Ristorazione, strutture ricettive, trasporti, negozi, stampa e chi più ne ha più ne prenda, finché potrà. Costa tanto, ammetterlo? Parliamo di soldi. Di tanti che rischiano di andare in fumo, di chi li aspetta per campare famiglie, di chi li ha investiti e rischia di vederli volar via. Niente di più. Aspettiamo tutti a gloria che Juventus, Inter, Atalanta, Napoli, Roma, Milan, Lazio e via andando tutte le altre ritornino a regalarci emozioni, lacrime, gioie. Adesso i nostri cuori hanno altre priorità, rivedere i beniamini in campo potrà essere poco più di una carezza e un sospiro di sollievo. Il calcio, però, sia onesto. Se tornerà in campo non lo farà per i tifosi. Per pensare a loro ci sarà poi tutto il tempo del mondo, quando questa frattura che ha spezzato anime e cuori, mondo e terreno, si ricomporrà. Il calcio sia chiaro. C'è da portare un transatlantico in porto e da farlo mettendo la salute al primo posto. Ma ci provi. Prima che incontri un iceberg.

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