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L’Inter è con Conte, la stampa no: ecco cosa Antonio deve correggere. Juventus: è Cristiano +10, cosa c’è di Pirlo? L’incredibile day after del Milan

di Tancredi Palmeri
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C’è stata la voglia, c’è stato il piano partita, c’è stata la capacità di reazione: tra Reggio Emilia e Moenchengladbach, l’Inter poteva affondare, con sé Antonio Conte, anzi lui per primo incastrato sotto la chiglia di una stagione a dritta su un iceberg, risucchiando tutto il resto dell’anno intrappolato nelle correnti di una settimana da incubo.
E invece l’Inter ci mette solidità e concentrazione contro il Sassuolo, e soprattutto la seconda in Germania, mentre ancora una volta contro il Borussia si è vista tutta la fragilità mentale della squadra che vuole e può ma ancora non è sicura di sapere, prima schiacciandosi in area già al 30’ dopo lo 0-1, e poi cominciando a contare i minuti alla rovescia sull’1-3, quando però ancora di giri le lancette ne dovevano fare 17.
Probabilmente chiedere impermeabilità mentale a questa squadra è troppo al momento, vandalizzata dal Real Madrid a San Siro, e sferzata a ritta e a sinistra da dardi di critiche che addirittura pretendevano le dimissioni di Conte a fine novembre (boom, cala trinchetto). Ogni critica rivolta ai nerazzurri post-Real Madrid a Milano è stata meritata, anche la più spietata, che poi la conclusione sia tirata nel conseguente allontanamento di Conte volente o nolente è un totale salto carpiato giornalistico. A cui l’Inter è abituata storicamente, per carità, per guardare solo al nuovo secolo da Cuper a Mancini, da Mourinho dopo la fase a gruppi di Champions al secondo anno, al Mancini secondo estratto, fino a Spalletti, tutti gli allenatori che hanno reso l’Inter competitiva si sono ritrovati un vento in faccia a larghi tratti inspiegabile, soprattutto se paragonato al trattamento riservato alle altre panchine.
Molto ingiustificato nei confronti di Antonio Conte, anche se ha finito per metterci del suo con la prestazione stucchevole contro il Madrid.
Eppure, di fronte al baratro, l’Inter si è dimostrata con Andonio: non solo la società - sui cui puri sentimenti magari non possiamo essere sicuri a causa del contratto iper oneroso che li lega - ma soprattutto la squadra. Già contro il Sassuolo, con una prestazione dura e puntuta, insomma cazzuta, su cui francamente nessuno avrebbe scommesso. E poi soprattutto in Germania, dove vincere non era per niente scontato, tanto più che il Moenchengladbach gioca in scioltezza.
Ma quello che Conte può correggere è non fare male a sé stesso e alla squadra pur di far valere il punto, quello sì: come con Eriksen, l’unico vero grande incontrovertibile errore dell’anno e mezzo di Conte, che può essere meno congeniale al 3-5-2 ma vivaddio si tratta pur sempre di uno dei cinque migliori numeri 10 in circolazione. Anche Mourinho sapeva prendere scelte impopolari per il bene del gruppo, come quando a fine gennaio 2010 per alcune settimane mise in panchina un Eto’o malandato dalle rilassatezze della Coppa d’Africa, tra la sorpresa generale, ma con il fine di recuperarlo al meglio, soprattutto dal punto di vista mentale e del sacrificio - una scelta che la storia ha mostrato quanto abbia portato all’incasso. Anche quell’Inter veleggiava in mezzo al rumore dei nemici, dunque da questo punto di vista Conte può prendere esempio, ma alla fine della fiera venivano prese decisioni solo ed esclusivamente per fare rendere tutti al meglio. Su questo, Conte può e deve ancora correggere.
Detto che il futuro in Champions non appartiene ancora all’Inter: deve battere lo Shakhtar, e sperare che Real Madrid e Gladbach non sfornino un biscotto ispano-germanico, visto che il pareggio qualificherebbe entrambe a braccetto, pur con il Real Madrid secondo. Già c’è chi scrive che l’Inter dovrebbe aspettare gli ultimi minuti per provare ad andare in vantaggio, visto che uno Shakhtar non sconfitto annullerebbe per il Real Madrid il beneficio del pareggio, ma capite bene che sono calcoli che non stanno né in cielo né in terra, e che anzi ti fanno irrimediabilmente perdere concentrazione, partita e qualificazione, con una dinamica molto simile a come l’Inter di Spalletti perse all’ultimo minuto la qualificazione negli ultimi due anni, tuttavia trovandosi in gruppi dove partiva da terza forza, e non come adesso con l’Inter che avrebbe anzi l’obbligo di passare il turno.
Poi certo, si può far notare che l’Inter sarebbe pur sempre seconda, non settima, e che in 9 giornate ha incontrato Lazio, Milan, Sassuolo e Atalanta. Ma come detto prima, nell’ambiente nerazzurro si rendono conto che il trattamento mediatico sia differente.

Zero problemi per la Juventus in Champions, che si è ritrovata un gruppo con i due avversari più imbarazzanti delle 32 qualificate, e anzi ha comunque l’opzione di provare ad andare a vincere con tre gol di scarto a Barcellona per passare da prima.
Ma solo in Champions.
Perché Benevento ha ancora una volta ribadito che questa Juve è Cristiano Ronaldo +10. Crotone, Benevento e Verona, due su tre sono due avversarie che davvero i bianconeri non possono permettersi di non battere appellandosi all’assenza di CR7. Tanto più che nell’ultima non era infortunato ma in libera uscita, e non nel senso di normale fisiologico turnover, ma di vera e propria gita in famiglia, come i normali patti con la società prevedono almeno un paio di volte all’anno - e dunque non ci si può fare niente. Ma del resto anche contro lo Spezia fino al 60’, fino all’entrata di Cristiano, la Juve stava rischiando di andare sotto. “Non c’è personalità” ha avvertito Pirlo. E si potrebbe anche dargli ragione per certi versi. Anche se certo Cuadrado, Morata e Arthur qualche cosa l’hanno vinta e una certa esperienza internazionale l’hanno accumulata. Soprattutto Dybala, che sembra sempre più quel Coniglio Bagnato che l’Avvocato Agnelli dipingeva a parole parlando del Roberto Baggio americano ai Mondiali dopo l’esordio disastroso. Ma il punto è che ancora non c’è nulla di Pirlo: non c’è progetto iniziale, non c’è reazione, non c’è strategia.
C’è ancora un po’ di tempo per trovarlo, ma siamo ai primi di dicembre, e finora si è visto zero dell’impatto dei primi tre mesi di lavoro.

Quanto si vede invece del Milan, mamma mia. Personalità, coesione, spirito, determinazione. E adesso, c’è anche un regalo aspettato. Un day after che i rossoneri non avrebbero mai sperato.
Perché la classifica dice +5 del Milan, da 9 anni non aveva un vantaggio così corposo in testa alla classifica, e dopo 9 giornate - cioè un quarto di campionato - è sicuramente una fuga. Eppure.
Eppure sembra quasi che non la si pigli sul serio. Se fosse una fuga delle avversarie più strutturate - Juventus, Inter o Napoli - si parlerebbe di squadra che comincia a impossessarsi del campionato, e invece regalone per il Milan, sembra quasi che poco si parli perché prima o poi tutto è destinato a finire.
I rossoneri non possono che ringraziare, che si accapiglino gli altri, perché è proprio con tranquillità e i riflettori spenti che si costruiscono le vittorie.

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Domenica 5 Maggio 2024
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