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L'affaire Dzeko certifica che all'Inter il cambio di proprietà è ormai inevitabile. De Laurentiis e le doverose riflessioni sul Napoli che verrà

di Raimondo De Magistris
Nato a Napoli il 10/03/88, laureato in Filosofia e Politica presso l'Università Orientale di Napoli. Lavora per Tuttomercatoweb.com dal 2008, è il vice direttore dal 2012
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Tornate indietro di un anno, alla sessione di calciomercato in cui l'Inter si regalò Christian Eriksen. Immaginate se la Roma, in quella occasione, avesse bussato alla porta del club nerazzurro e avesse fatto la proposta arrivata questa settimana: "Che ne dite di fare uno scambio alla pari Sanchez-Dzeko?".
L'affare si sarebbe chiuso subito, in poche ore. Prima di qualsiasi ripensamento. Non perché Sanchez ad Appiano non goda di buona considerazione. Anzi. Ma Edin Dzeko è desiderio di Antonio Conte fin dai tempi dell'acquisto di Romelu Lukaku. Per il tecnico nerazzurro il centravanti bosniaco era ed è calciatore perfetto per alternarsi al suo numero 9. L'avrebbe voluto già al Chelsea e ci provò nell'estate 2019, quando l'Inter mise sul piatto fino a 15 milioni di euro. Non bastò, l'allora direttore sportivo della Roma fissò a 20 milioni di euro il prezzo del suo centravanti e non scese di un euro. Rinnovandogli poi a fine mercato il contratto fino al 2022 con un ingaggio da 7.5 milioni di euro che è stato poi il vero ostacolo nella trattativa nata e tramontata questa settimana.

I contorni della trattativa sono quelli che abbiamo raccontato minuto dopo minuto negli ultimi tre giorni. Dzeko guadagna 7.5 milioni di euro a stagione, Sanchez 7. Ma al lordo da qui a giugno - pur considerando solo uno scambio di prestiti - la differenza tra i due stipendi è di circa 3 milioni di euro perché il cileno, arrivato dal Manchester United, può beneficiare del Decreto Crescita e quindi l'Inter pagare l'Irpef al 50%.
L'Inter ha chiesto alla Roma di colmare questa differenza, la Roma ha risposto all'Inter che lo scambio sarebbe potuto andare in porto solo alla pari e quindi la fase di stallo è iniziata ancora prima che si entrasse in quella decisiva.
In altri tempi, solo qualche mese fa, l'Inter avrebbe colmato il disavanzo e chiuso in fretta l'operazione. Adesso non può. "Gli agenti - ha detto ieri Giuseppe Marotta - sono stati troppo audaci a portare avanti la trattativa senza fare i conti con l'oste". E quell'oste è il gruppo Suning, che per anni ha investito per costruire l'attuale gruppo ma adesso ha chiuso tutti i rubinetti, senza eccezione. Anche quando si presenta un'occasione più che favorevole.

Dall'Inter al Napoli, che non ha problemi societari ma che ha aperto riflessioni profonde su cos'è e sulla strada intrapresa dopo questo deprimente mese di gennaio. Negli ultimi 13 mesi - tra Rrahmani, Petagna, Politano, Demme, Osimhen e Lobotka - Aurelio De Laurentiis ha investito come nessun altro in Italia: oltre 130 milioni di euro al fronte di cessioni per quasi 100 milioni di euro in meno, quella di Allan in estate e quella di Milik qualche giorno fa.
Questo Napoli però 13 mesi dopo non è riuscito ancora nel salto di qualità. Questione di mentalità ancor prima che di punti conquistati, di intermittenti convinzioni e spie rosse che si accendono alla prima difficoltà. Questione di calciatori e acquisti che al netto di Osimhen - ancora non giudicabile - non hanno cambiato il volto della squadra.
Cambiare adesso, con una stagione così incerta, sarebbe un autogol. E' giusto che Gattuso e Giuntoli si giochino le loro carte fino in fondo, e che godano fino a maggio pieno sostegno della società. Perché il Napoli è ancora lì, a ridosso di una zona Champions vitale per evitare uno, due o anche tre passi indietro. Perché potrebbero avere ragione loro. Ma valutazioni sulle prossime stagioni sono legittime e anche doverose. Ne va del futuro ad alti livelli del Napoli, della competitività di una squadra che dopo aver tallonato per anni la Juventus potrebbe ritrovarsi stabilmente fuori dalle prime 4 posizioni senza nemmeno rendersene conto.

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Martedì 30 Aprile 2024
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