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Juve: l'incoerenza di chi non vuol vedere (occhio a Higuain...). Inter: c'è un nemico alle porte (ma anche una soluzione). Milan: il rebus del "9" e altre malignità. Napoli: se il problema è fuori dal campo

di Fabrizio Biasin
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© foto di Alessio Alaimo

Ciao. Stasera c’è il campionato, domani pure, dunque qualunque cosa io scriva rischia di essere usata contro di me. Per questo e per altri motivi ragioneremo su cose frivole.
Per esempio, non so se avete letto, ma la migliore amica della piacente cantante Selena Gomez le ha donato un rene.
(Selena: “Senti, mi serve un rene”. Amica: “Mmmm ok. Preferisci destro o sinistro?”). Questa è apparentemente una storia bellissima, ma la verità è che d’ora in avanti sarà un problema dire di no ai propri migliori amici.
(“Mi presti dieci euro?”. “No dai”. “Oh, mica ti ho chiesto un rene come Selena Gomez”).
La settimana dei buoni sentimenti è terminata con le lacrime del papà di Pietro Pellegri, il ragazzino del Genoa che fa gol in A a 16 anni e spiccioli.
La commozione del sciur Pellegri mi ha immediatamente ricordato i miei 16 anni.
Osceno campionato categoria “Allievi Provinciali”.
Fondamentale partita di fine stagione che vale l'accesso ai playoff.
Gioco da terzino: piedi orrendi, buona corsa, molta confusione, bioritmi sballati, principi di scoliosi, rabbia sociale.
Vengo fatto fuori dall'11 titolare per una questione di bustarelle e raccomandazioni.
Il match non si sblocca.
Entro al 75'.
Fango, pioggia, menischi volanti.
Squallido 0-0.
Corner al 90', svetto di testa, palla nell'angolino, gol, playoff agguantati, felicità.
Triplice fischio.
Altra felicità.
Doccia.
Macchina.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Papà: “Minchia che botta di culo che hai avuto”.
Fine.
Un giorno mio padre mi chiederà un rene. Diciamo che è una possibilità, remota ma reale. Quel giorno gli dirò “Vai dall’amica di Selena Gomez. Dovrebbe averne uno solo, ma in genere è una che non fa storie”.

QUI INTER
Partiamo dalle ovvietà.
L'Inter perderà. Magari già stasera, magari domenica, magari sotto Natale, ma l'unica certezza è che perderà. Preparatevi, perché quel giorno succederà un casino e coloro che ora trattengono a fatica il loro dissenso, spunteranno come funghi in autunno.
E’ proprio così, l'Inter intesa come “ambiente” non deve imparare a vincere - quello le capita abbastanza spesso anche negli anni di merda - semmai deve imparare a digerire la sconfitta.
L’Inter perderà e quel giorno bisognerà combattere contro i nemici dell’“io l'avevo detto che faceva tutto abbastanza schifo!”, contro i promotori dell’ovvio (“quest'Inter non è da scudetto!”), contro gli arrabbiati in finto-letargo che non vedono l'ora di sfogarsi (“Suning vergogna!”), contro i pessimisti di professione che vanno ben distinti dai realisti.
I realisti ben sanno che l’Inter è una squadra tutt’altro che perfetta e quest’anno non lo sarà mai. Ha troppi limiti, difetti strutturali, mancanze persino numeriche. Questo però non significa che si debba suonare il requiem a prescindere, che si debba mandare in filodiffusione la litania “ricordati che devi morire!”, soprattutto non è bello che ci sia chi quasi spera nell'inciampo per poter dire “io certe cose le dico da luglio” o “Spalletti era la quarta scelta e ora anche voi capite perché!”.
L’Inter perderà, potete giurarci, e quel giorno bisognerà alzare la barriera per coprirsi dagli schizzi di fango. Dovranno farlo coloro che hanno la serenità per capire che in fondo stiamo parlando di calcio, quelli che sanno pesare la differenza tra “battaglia” e “guerra”, dovrà farlo soprattutto la squadra, sciolta come gelato al sole lo scorso anno e ora chiamata a uno scatto mentale: l'obiettivo è la qualificazione alla Champions League, l’obiettivo è saper soffrire, l’obiettivo è - anche - far rimangiare ai “pessimisti di professione” ogni cattivo e pretestuoso pensiero.
Sì, ci sono anche quelli, i "pessimisti per convenienza". Brave persone che, però, dell'autocommiserazione, dell’“ecco, siamo tornati i soliti ma fa niente perché siamo abituati a soffrire” ne hanno fatto uno stile di vita. Diffidate da questi ultimi, l’Inter si merita di meglio.

QUI JUVENTUS
In settimana si è discusso a proposito della seguente, interessantissima (si fa per dire) questione: “La Juve doveva comprare il top player e non accontentarsi?”. Un tema che non cambierà le sorti del pianeta, ma che ha diviso i tifosi della Juve. La gran parte ha detto “sì, bisognava puntare sui Di Maria e i Tolisso!”, qualcuno si è limitato a dire “lasciamo lavorare Marotta e soci”.
Ecco, forse hanno ragione questi ultimi. Cioè, mi domando: veramente c’è chi non è ancora soddisfatto dell’operato del club bianconero? Chi dubita della loro capacità di “scegliere”? Chi davvero vorrebbe un club "che spendesse centinaia di milioni, invece di star lì a calcolare”?
Davvero, faccio fatica a comprendere. I club con “i Tolisso e i Di Maria” (o “i Robben e gli Aguero”, per citarne due a caso) l’anno scorso sono arrivati tutti dietro alla Juve. L’unico che è arrivato davanti, si chiama Real e da un anno, praticamente, non fa mercato (quantomeno quello “roboante” dei milioni buttati nel cesso).
La Juve si autosostiene e questa, in teoria, dovrebbe essere una bella notizia per chi tifa Juve, non un motivo per dire “barboni!”, soprattutto se la buona gestione è sostenuta dai risultati. Il fatto è che, ormai, è impossibile ragionare sul termine “equilibrio”.
Prendiamo Dybala, fenomenale. In 7 giorni siamo passati da “è come Messi” a “è sopravvalutato”, fino a “è il Messi della serie A”. Tutto in funzione dell’ultima partita giocata. Lo stesso ora vale per Higuain, “ormai in fase decadente, forse i 90 milioni andavano spesi meglio”. Capite? Coloro che vogliono “i Di Maria!” (giocatori da 10 milioni di euro di ingaggio) sono gli stessi che dopo una stagione da 32 gol bollano Higuain come un “bomber bolso e al tramonto”. A questi bisognerebbe domandare: “Scommetteresti 100 euro su una stagione dell’argentino sotto i 20 gol?”. Io dico che non avrebbero il coraggio.

QUI MILAN
Nikola Kalinic si presenta, fa gol e c'è chi si meraviglia: "Minchia sa fare gol!". Come se fosse la prima volta, come se fosse capitato a Milanello per caso.
Quindi i "mai contenti": “Eh ma Fassone ha detto che prendeva Belotti, Aubameyang o Falcao, mica quello lì”. Il dato di fatto è che "quello lì" si è presentato a San Siro con due gol e, soprattutto, con l'atteggiamento del "9" vero: quello non dipende dal numero di maglia, ma esclusivamente dal dna. Avete presente Bacca? Faceva furore in velocità, ma quando c'era da rinculare scompariva. Ecco, l'incubo per i tifosi del Diavolo è finito.
L'ex Viola lotta, salta, stoppa, passa, sgomita, segna, ma soprattutto dà quel riferimento centrale che la manovra di Montella aveva cercato persino in Lapadula nella scorsa stagione.
Basta per definire l'attacco rossonero "completo"? Lo capiremo quando Montella darà una chance in campionato a quell'André Silva apparso assai pimpante in Europa.
E Suso? Lo spagnolo, faro del 4-3-3 di cui era motore indispensabile, sembra in difficoltà in posizione centrale. Montella lo coccola, la societa pure (rinnovo vicino): un giocatore con quelle doti difficilmente diventerà un problema.

QUI NAPOLI
Siccome sono “sarriano” convinto, anche oltre il dovuto, evito di dire le solite quattro cazzate tipo “il Napoli è fortissimo” o “è fortissimo anche se ha perso in Champions” o “è fortissimo anche se Sarri fa il turnover come vuole lui e se invece non lo fa avrà le sue buone ragioni” e mi concentro su altro.
1) Al San Paolo – è noto – fare l’abbonamento non ha senso: costa di più che comprare i singoli biglietti.
2) Per questo motivo il club è al penultimo posto per tessere sottoscritte in serie A nonostante quel po-po di squadra.
Fin qui la faccenda pare grottesca ma rientra nel campo dei “diritti di De Laurentiis”.
Quello che non riusciamo ad accettare riguarda il punto 3)
3) Alcuni abbonati del Napoli sarebbero stati allontanati dal San Paolo perché impegnati in “azioni” contro la società (legate proprio alla questione "tessere") e, quindi – come da cavillo sottoscritto al momento dell’acquisto dell’abbonamento – non avrebbero diritto ad entrare allo stadio.
Ecco, questo pastrocchio ci porta a una sola considerazione: De Laurentiis vuole vincere da solo. O meglio, non gli interessa vincere con “tutti”, solo con quelli che fanno come dice lui. Per carità, è il presidente, caccia i soldi e ne ha diritto, ma nell’anno del “patto dello spogliatoio” sarebbe interessante trovare risposta ad un'unica domanda: "perché?".
Buonanotte. Vi lascio alla questione tirata in ballo dai tifosi della Lazio tramite sciccoso volantino: l’abito fa o non fa il monaco? Ne abbiamo discusso in un pezzo inutile su “ilsensodelgol”. Non leggetelo (Twitter: @FBiasin @ilsensodelgol Mail: ilsensodelgol@gmail.com).

La premessa è che questo articolo ha attinenze con il calcio come il fratello di Belen Rodriguez con il termine "Vip": neanche mezza).

Va ora in onda "Il senso del buongusto", rubrica modaiola de Il senso del gol.
L'altro giorno i tifosi della Lazio dicono "Se volete essere accettati nella nostra curva dovete vestirvi nella tal maniera". A corredo l'immagine dell'ultrà "vestito bene", l'esempio di quello "vestito col culo" (no a tagli strani, scarpe strane, pantaloni strani ecc ecc) e frasi come "nella nostra curva cominciano ad affacciarsi personaggi figli dei tempi e di un declino sempre più visibile della nostra società".

Ora, a noialtri non interessa chi abbia ragione, i gusti sono gusti, ma ci sono dei dati di fatto incontestabili e un allarme sociale che non può lasciarci indifferenti.

CAPELLI: DOPPIO TAGLIO, BANANONE, SCRITTE IN TESTA

A meno che siate Pogba o qualche altro grande brillantone che se lo possa permettere, a meno che vostro nonno sia un capo tribù dei Piedi Neri, allora lasciate perdere.

Badate bene, il problema non è entrare o non entrare nella curva della Lazio, ma "non fare la figura degli stronzi". Il doppio taglio è scacciafiga, proviamo a convincervi col seguente sondaggio.

Intervistatore: "Cosa pensi del doppio taglio?".

Tizia/1: "Grazie per la domanda, credo che il doppio taglio sia molto scacciafiga".

Intervistatore: "E tu?".

Tizia/2: "Su Pogba, intendi?".

Intervistatore: "No, sui maschi in generale".

Tizia/2: "Scacciafiga, lo sanno tutti".

Quanto al bananone la questione è molto più netta.

Intervistatore: "Cosa pensi del bananone sui ragazzi?".

Tizia/3: "Piuttosto scelgo Pandev".

Infine le scritte in testa. Le scritte in testa sono ammesse solo in caso di coraggiosa autodenuncia: "Io sono stronzo".
In tutti gli altri casi meglio la decapitazione.

OCCHIALI ENORMI ORO E ARGENTO

Ripetete dopo di me: "Io non sono Don King, io non sono Don King, io non sono Don King...".

Nonostante il mantra avete indosso ancora i vostri occhiali oro e argento e pensate di essere dei fighetti? Ripetete dopo di me: "Io non sono Malgioglio, io non sono Malgioglio, io non sono Malgioglio".

Siete ancora convinti che i vostri occhiali oro e argento non vi facciano fare la figura da ciula? Andiamo veloci al sondaggio.

Intervistatore: "Cosa pensi di chi indossa gli occhialoni oro e argento?".

Tizia/4: "Stiamo parlando di Don King o di Malgioglio?".

Intervistatore: "No".

Tizia/4: "Si tratta di oro vero?".

Intervistatore: "No, tungsteno".

Tizia/4: "Si tratta di...".

Intervistatore: "No, senti, non si tratta di nessuno. È solo un povero stronzo con gli occhialoni in finto oro e argento che pensa di essere sciccoso".

Tizia/4: "E allora che s'ammazzi".

I PIUMINI CON COLORI SGARGIANTI

Enzo Braschi ha 68 anni, voi non siete Enzo Braschi. Solo Enzo Braschi può mettere il piumone sgargiante, voi sembrate degli imitatori di Enzo Braschi.
Ci manchi Enzo, "trooooooppo giusto".

TUTA O PANTALONE COL CAVALLO BASSO
Accettato solo in caso di orchite a grappoli o se sei Bernardeschi.
(Bernardeschi "può" perché ha i soldi e compra i sondaggisti).

Intervistatore: "Cosa pensi del ragazzo col cavallo basso o la tuta?".

Tizia/5: "Dipende, è il figlio di Garrincha?".

Intervistatore: "No".

Tizia/5: "Ha forse l'orchite?".

Intervistatore: "No".

Tizia/5: "E allora se ne vada affanculo".

Intervistatore: "Ma è Bernardeschi!".

Tizia/5: "Chi sono io per giudicare?".

IL RISVOLTINO SENZA CALZINO

È giusto che lo sappiate: della vostra caviglia non frega un cazzo a nessuno.

IL RISVOLTINO COL CALZINO DI SPUGNA O I DISEGNINI

Il Tenente Dan di Forrest Gump ha vissuto un'esistenza difficile, difficilissima, e forse per questo era sempre incazzato. Ma in contemporanea ha avuto una grande fortuna: non ha mai potuto azzardare la combo "Risvoltino-calzino di spugna". Bravo tenente.

Intervistatore: "Cosa pensi di quelli con il risvoltino e il calzino di spugna?".

Tizia/6: "Pensi che per non rischiare ho sposato il Tenente Dan".

SCARPE CON IL CARRARMATO

Ripetete dopo di me: "La guerra in Vietnam è finita, la guerra in Vietnam è finita". La scarpa con il carrarmato ha meno senso di un carrarmato con la scarpa.

Intervistatore: "Cosa ne pensi della scarpa col carrarmato?".

Tizia/7: "Su Enzo Braschi?"

Intervistatore: "No".

Tizia/7: "E allora solo in guerra".

Intervistatore: "Senti, tu hai lo short di jeans con fuori mezzo culo e la tasca. Lo short di jeans con fuori mezzo culo e la tasca lo possono mettere solo Sabrina Salerno e poche altre strafighe. Sei forse Sabrina Salerno?".

Tizia/7: "No ma...".

Intervistatore: "E allora mettiti la gonna di Bernardeschi, da brava".

Lo short di jeans con mezzo culo fuori e la tasca sta illudendo generazioni di giovani donne che credono di essere la reincarnazione di Sabrina Salerno.
Ma questa è un'altra storia.

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