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Juve: il mercato “tedesco” dei bianconeri. Inter: le tre mosse di gennaio e la rabbia di Spalletti. Napoli: il nodo Verdi e la scelta-scudetto. Milan: auguri Ringhio... e occhio alla sorpresa. Giù le mani dal Var!

di Fabrizio Biasin
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© foto di Alessio Alaimo

Buondì. “Auguri a te e famiglia” va in vacanza. Lo rispolvereremo a inizio dicembre 2018.
Fine delle feste. Siamo tornati tutti. Non si trova parcheggio. Molti sono incazzati. Qualcuno ha smontato l’albero, l’ha messo in cantina. Altri no, lo lasciano lì “perché in fondo arreda” (io). In ufficio dici “ué, passate bene le Feste?”. E l’altro “Sì, tu?”. E quello: “Sì mi sei mancato!”. Ma poi lo rivedi al rientro da Pasqua (“Uè, passata una buona Pasqua?”. E l’altro “Sì, tu?”. E quello: “Sì, mi sei mancato”. Ma poi lo rivedi a settembre). In definitiva l’unica cosa buona è che fino alla settimana dell’uovo e delle colombe nessuno ti girerà su whatsapp video inutili con dei cani vestiti da Babbo Natale che dicono “Auguri canini!” o il cielo pieno di fuochi con scritto “Evviva il 2018!” che non te ne frega una mazza e ti occupa la memoria nel telefono.

Ma, questa, è l’unica consolazione. È partito il mercato di riparazione. Sono tutti in fibrillazione. Vi diamo una dritta: diffidate dalle espressioni “Piace”, “Interessa”, “si valuta la possibilità”, “è in corso un summit”. Ormai è tutto un summit. Se un direttore sportivo chiama sua madre per dirle di fare il brasato domenica, il direttore sportivo sta facendo una “conference call”, se un presidente dà 2 euro al lavavetri “lo sta opzionando”, se l’allenatore dice “dobbiamo ritrovare lo spirito” qualcuno pensa “in effetti questo Spirito ha giocato poco. I soliti soldi buttati! Vendiamolo evitando però la minusvalenza!”. E tutto un troiaio e la verità è che come sempre succederà qualcosa, ma non il terremoto che vogliono farci credere.

Il mercato, tra l’altro, coincide con l’accantonamento dello spirito natalizio. Non ride più nessuno. Se twitti una cosa e uno ti scrive “stronzo!” beh, quello è il più gentile. Tutti hanno la loro verità e la devono difendere a colpi di “vaffanculo”. Fateci caso: il 2018 è iniziato portandosi a corredo un odio bestiale. Ci si insulta per il Var, il mercato, il gol di Bonucci, il post su Instagram del giocatore che pubblica la foto in vacanza e se ha perso l’ultima partita “è una merda! Si deve vergognare!”, ma se invece ha vinto e magari ha fatto un gol allora “grande bomber! Sboccia laic no tumorrov!”.

E tutto opinabile, come il Var. C’è a chi piace e a chi non piace. Qualcuno lo tratta come se fosse un ospite non gradito venuto da qualche Paese lontano (“Rispeditelo a casa sua questo Var!”) e non si rende conto che fa una figura barbina. La tecnologia è un supporto e in quanto tale può solo far bene; chi la utilizza, invece, dovrebbe farsi più furbo: tra pensare “ho preso una decisione corretta e me ne fotto delle immagini” e “credo di aver preso una decisione corretta ma do una controllata perché quest’anno posso” deve vincere sempre la seconda, in caso contrario trattasi di “insopportabile atto di arroganza” che in un nanosecondo ci fa precipitare in un turbine di luoghi comuni vecchi mille anni, alimentati da 15 giorni di devastante sosta dal calcio giuocato. “La Juve ruba!”, “l’Inter è il solito schifo!” e tutta una serie di rotture di balle che fanno godere molti, ma per fortuna non tutti.

Prendete l’Inter. Suonano le campane a lutto tra “è tutto un disastro”, “è la solita Inter”, “inutile continuare”, “il 9° posto è dietro l’angolo”, “Perisic è troppo slavo”, “Joao Mario è troppo portoghese”, “Candreva è troppo italiano”, “Dalbert è davvero troppo”, “i cinesi se ne fottono”, “Bisogna prenderne 7 nuovi”, “bisogna mandare via i pelandroni, cioè quasi tutti”, “servono i top ma a gennaio non vengono e se vengono significa che non sono top”, “bisogna rendersi conto che è tutto inutile”. E fa niente se fai notare che “al momento sono terzi o quarti, non è male no?” perché quelli ti rispondono “ancora la classifica stai a guardare! Ma sei scemo? La classifica non conta!”.

Già, conta solo il mercato, pare. E allora abbiamo fatto le nostre misere verifiche. A gennaio l’Inter prenderà un difensore (Bastoni) per completare numericamente il reparto; il nodo è a centrocampo, anzi da centrocampo in su: si seguono dei profili in grado di dare a Spalletti quell’alternativa al gioco che è mancata nell’ultimo mese. Trattasi di giocatori stranieri. Ne arriverà uno, due se dovesse partire qualcuno degli attuali componenti della rosa (difficile). La formula è quella del prestito con diritto di riscatto, non certo la più appetibile ma, banalmente, l’unica possibile (l’Uefa ha chiarito che l’obbligo di riscatto è parificato all’acquisto). Con il bilancio al 30 giugno 2018 da chiudere in pari non ci sono grossi margini, ma il punto è sempre lo stesso: è davvero così impresentabile la rosa attuale o va solo completata con un difensore e “quel” giocatore in grado di dare un po’ di brio? A seconda della risposta che vi state dando a fine gennaio vi sentirete appagati o resterete incazzati come belve. A Spalletti, per dire, basta la versione A) (anche se stanno facendo di tutto per farvi credere che sia a un passo dalle dimissioni).

Altre cose, in pillole.

La Juve non fa mercato a gennaio, almeno per quanto riguarda i titolari. Il motivo è semplice: non ne ha bisogno e non è neppure il caso di spiegare perché. A giugno arriverà Emre Can. A zero. E questo dovrebbe bastare per far capire che possiamo perdere tempo ed energie a sbraitare su arbitri e Var, ma finché altre squadre non entreranno nel “circolo virtuoso” dei bianconeri (vinco-guadagno-investo i quattrini guadagnati-mi auto mantengo) tanti discorsi avranno la stessa consistenza dell’aria fritta.

Il Napoli in attesa di entrare in quel “circolo virtuoso” per quest’anno ha scelto un’altra strada: un solo obiettivo da raggiungere, con un gruppo di fedelissimi, costi quel che costi. Sarri e i suoi non hanno rinunciato alla Champions e alla Coppa Italia “volontariamente”, ma “inconsapevolmente” sì. Al sottoscritto fino a qualche tempo fa sembrava una follia ma, vista questa Juve forse è davvero l’unico modo per provare ad acchiappare lo scudetto. Il resto è una questione di “aiuti” che per qualcuno sono indispensabili e per altri no. Verdi (decisione probabilmente a fine settimana) può dare una mano e piace a Sarri, ma a prescindere dall’utilizzo che ne farebbe il mister toscano il discorso è tutto lì: il mercato va chiuso con la certezza di avere fatto tutto il necessario per evitare i rimpianti. Pensare “rischiamo anche così” quest’anno a prescindere sarebbe “peccato mortale”.

E il Milan? Il Milan, oggi, è “un compleanno”, quello del suo allenatore. Per molti Gattuso era già pronto a levarsi dalle balle e, invece, eccolo qui: 40 anni, amato dai suoi giocatori e capace – con la pazienza e l’abnegazione di chi si è sempre guadagnato tutto – di ridare spirito a un gruppo che pareva perso. La strada è lunga, il mercato porterà poco o niente, ma l’inferno non è così brutto come lo dipingono, soprattutto se sei il Diavolo.

Vi lascio a Philippe, un pezzo strambo e molto brutto scritto per Esquire su Coutinho. Vale 8 miliardi di sacchetti-bio, mica pochi. (Twitter: @FBiasin)

Philippe Coutinho è finito al Barcellona. Il Barcellona ha pagato Coutinho 160 milioni di euro al Liverpool. L'Inter aveva venduto Coutinho al Liverpool per 10 milioni. Il Liverpool ha già detto che rimborserà le maglie rosse con la scritta "Coutinho" a chi lo vorrà. Il Barcellona venderà le nuove maglie blaugrana con la scritta "Couthinho" per rientrare almeno in parte dell'investimento.

(Sinapsi sui sacchetti-bio).

Con 160 milioni, volendo, ci compri 8 miliardi di sacchetti-bio da 2 centesimi. All'Inter andrà l'1.5% dell'operazione, ovvero 2.4 milioni. Che poi sono 120 milioni di sacchetti-bio.

Stiamo andando fuori strada.

(Altre sinapsi).

Coutinho è un brasiliano molto forte. Non così forte da valere 160 milioni. Ma al Barcellona frega nulla: ne hanno incassati 220 per Neymar, spesi 140 per Dembelé e ora fanno cifra tonda (+160 = 300) con il piccolo Cou.

(Altre ancora, più indignate).

Il piccolo Cou piace molto a mister Valverde. Presumibilmente anche a Messi. Il piccolo Cou permetterà al Barcellona di tornare a fare il tiki-taka come Dio comanda. Almeno sulla carta. Il piccolo Cou sarebbe l'acquisto perfetto se, in ballo, non ci fossero ragionamenti del genere "ma dove sta finendo il calcio". Questi ragionamenti in ogni caso fanno venire il latte alle ginocchia e, soprattutto, fregano zero ai dirigenti catalani o inglesi.

(Sinapsi a carattere retorico).

L'Uefa che si indigna con chi non rispetta il fairplay finanziario (ovvero diverse squadre in difficoltà) qui se ne fotte abbastanza e, anzi, gongola perché "più gira il grano meglio è". Il Barcellona diventa una squadra fortissima, ancora più di quanto già non lo fosse. Il Barcellona si comporta all'opposto della Juve che, invece, ragiona sulle "opportunità di mercato" e col piffero spende certe cifre, al limite le incassa. La Juve tra l'altro ha disputato due finali di Champions negli ultimi 3 anni, ovvero più del Barcellona, ma questo all'Uefa interessa poco, molto meglio chi spende cifre assurde.

(Sinapsi su "dove sta andando il calcio").

Sulla scia lunga degli investimenti alla Neymar, Dembele, Van Dijk (recentemente acquistato proprio dal Liverpool per 84 milioni), Cou eccetera, la prossima estate non dovremo stupirci se - chessò - Jankto varrà 50 milioni e per me o te qualcuno offrirà anche 3,000 euro.

Siamo oltre la logica, ma questo non significa che sia tutto uno schifo, anzi. Il mercato "drogato" è un'opportunità per chi sa fare calcio e un grosso rischio per chi sputtana capitali a caso. Prendete Lotito: se fino a ieri per Milinkovic-Savic si sarebbe "accontentato" di 70 milioni, da oggi ne chiederà 100, anche 110, e di sicuro troverà qualcuno disposto a spenderli. Ma non in Italia.

(Sinapsi sulla "povera serie A")

L'affare Coutinho dà diverse dritte alla nostra bistrattata serie A: ci conviene dimenticare i giocatori già affermati e, invece, dobbiamo sperare che qualcuno scovi futuri fenomeni. Solo la Juve può permettersi certi investimenti, ma oltre i 50/60 milioni è difficile che si spinga per legittima scelta societaria. E con 50 milioni, ormai, ci compri poco più di un buon terzino (o 2 miliardi di sacchetti-bio).

(Sinapsi sul piano-Platini).

Questo significa che la forchetta tra i poveri cristi e l'elite dei miliardari-pallonari si allargherà sempre più. E così facendo si realizzerà il piano diabolico messo in atto dal desaparecido Platini qualche tempo fa: far credere a tutti di essere importanti, dare la possibilità a quei "tutti" di partecipare, ma consentire a pochissimi di poter vincere. Una colossale presa per il culo, talmente evidente che pure il buon arbitro Calvarese riuscirebbe a vederla, senza financo dover utilizzare il Var. Ma quella che stiamo raccontando (peraltro malissimo) è un'altra storia, la storia di un piccoletto nato a Rio 25 anni fa che va a giocare al fianco di un piccoletto nato a Rosario: a prescindere da "quel che è eticamente giusto" ci sarà da divertirsi.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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