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Il progetto Superlega è servito (solo) per porre l'accento sui problemi che il calcio continua a non risolvere. A quando il salary cap? E la divisione dei soldi da diritti tv? Già oggi il calcio è dell'élite

di Raimondo De Magistris
Nato a Napoli il 10/03/88, laureato in Filosofia e Politica presso l'Università Orientale di Napoli. Lavora per Tuttomercatoweb.com dal 2008, è il vice direttore dal 2012
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Annunci a sorpresa, clamorosi passi indietro, offese personali e decine e decine di dichiarazioni ipocrite. La settimana che passerà alla storia come quella del tentativo di golpe mal riuscito da parte di 12 società appartenenti all'élite del calcio europeo è servita in fin dei conti soprattutto per fare i conti su cosa non funziona nel mondo del calcio. A tutti i livelli. Perché la Superlega nata e pensata per una esigenza meramente economica è stata prodotta e presentata tenendo conto solo di quest'aspetto. C'era una banca, la Jp Morgan, che metteva subito sul piatto 300 milioni di euro non proprio equamente distribuiti da restituire poi in 23 anni che avrebbe permesso a tutti i club coinvolti di ridurre il proprio debito. E solo per questo motivo s'è avallato in fretta e furia un progetto ancora acerbo, che comunicativamente passerà alla storia come un totale fallimento.

Però questo flop organizzativo e comunicato ha aperto il vaso di Pandora. Ha posto l'attenzione su mille problemi che il calcio - le Federazioni, ma soprattutto la UEFA e la FIFA - in questi anni non sono riusciti non dico a risolvere, ma nemmeno ad affrontare. Gli ultimi cinque giorni di Ceferin - fatti di dichiarazioni forti, minacce e nessuna decisione sostanziale - sono un po' lo specchio di un modus operandi che se non cambierà porterà il calcio a sbattere contro un muro. Perché già oggi nei campionati c'è un gap enorme che porta a vincere sempre le stesse squadre, perché in questi anni s'è sempre chiuso un occhio (ma anche due) su club che continuavano ad accumulare debito su debito e perché quando Agnelli sottolinea che la UEFA in questi anni ha raccolto troppi pochi soldi dalla vendita dei diritti della Champions rispetto a quanto, ad esempio, fa la NFL negli Stati Uniti sottolinea un aspetto che è sotto gli occhi di tutti.

Per inciso: questa Superlega non avrebbe risolto il problema. Anzi, ne avrebbe aggiunto un altro bello grosso. Ma intanto tutti gli altri restano, e da ormai 20 anni dobbiamo fare i conti con i grandi club che fatturano sempre di più e gli altri che devono accontentarsi delle briciole. Perché poi va bene il merchandising, la capacità di saper sfruttare un maggiore bacino di utenza per aumentare il fatturato, ma se in Serie A i diritti tv permettono alla Juventus di guadagnare ogni anno 4 o 5 volte di più rispetto a un'Udinese, è chiaro che di fronte ogni anno ti ritrovi due squadre con valori tecnici molto, molto, molto diversi. E poi: se sempre la Juventus ha un monte-ingaggi da 240 milioni di euro, l'Atalanta da 50 e lo Spezia da 20, come queste tre squadre possono dar vita a un campionato competitivo?

La prima obiezione a quest'ultimo punto è scontata: 'La Juve però ogni anno lotta e compete con i più grandi club europei, che spendono anche di più...". Ed è giusta. Ma infatti una norma sul salary cap - necessaria, non più procrastinabile - deve arrivare in accordo con la FIFA, deve riguardare ad esempio tutti i club che partecipano alla Champions, non solo quelli italiani, e quindi non può essere di competenza della Federazione Italiana. Che però qualcosa per dare maggiore appeal al nostro campionato avrebbe potuto e dovuto fare, a partire dalla riduzione del numero di squadre in una Serie A che a 6 giornate dalla fine - non due - ha proposto ieri un già inutile Parma-Crotone, con entrambe le squadre retrocesse. Che senso ha?

Ma torniamo al salary cap. Ho trovato francamente ipocrite negli ultimi giorni le dichiarazioni di Guardiola e Klopp, a favore di un calcio 'romantico', del 'popolo' che non esiste più da anni. E le ho trovate ipocrite perché a rilasciarle sono state due tra i più pagati allenatori al mondo. Perché Guardiola che guadagna 20 milioni di sterline l'anno - per quanto bravo - è parte del problema. E' il motivo per il quale i club si indebitano e poi vanno alla disperata ricerca di soldi lanciandosi in qualsiasi competizione, anche in una Superlega a inviti...
Un allenatore non può costare 20 milioni di sterline. Cristiano Ronaldo, da solo, non può incidere per un quarto del monte-ingaggi della Juventus. E peggio ancora fa peggio al Barcellona Leo Messi. Bisogna imporre dall'alto un salary cap, non legare il monte-ingaggi al fatturato perché in questi anni - tra sponsorizzazioni fittizie e altre fatte in casa - abbiamo visto che è regola facilmente aggirabile. E che anche quando si riconosce la frode la UEFA (se il soggetto in questione è club ricco e potente) non sanziona o lo fa con un buffetto.
Redistribuire le risorse economiche provenienti dai diritti tv in modo più equo (come già accade in Premier League) e imporre a tutti un salary cap darebbe di nuovo alle competizioni nazionali e internazionali quell'aura di incertezza che purtroppo s'è persa. Permetterebbe davvero di premiare il merito: perché oggi noi tutti elogiamo giustamente l'Atalanta per quanto fatto negli ultimi anni non sbagliando praticamente nulla. Ha collezionato plusvalenze su plusvalenze (reali), ha trovare il tecnico perfetto per la sua idea di progettualità e ha quasi sempre scelto i giocatori giusti. Eppure è sempre arrivata alle spalle di una Juventus che, grazie a un fatturato 5-6 volte superiore, può permettersi molti più errori e restare comunque davanti.
Il calcio tornerebbe ad essere davvero del popolo solo quando le risorse verranno distribuite in maniera più equa. Quando nello stesso campionato non ci sarà più una squadra con un monte-ingaggi dieci volte più alto rispetto a un'altra. Quello di oggi è già il calcio dei ricchi, anche se Guardiola, Klopp o chi per loro fanno finta di non saperlo...

La Superlega, in sé, non avrebbe risolto nessuno di questi problemi. Anzi, al contrario, avrebbe acuito le differenze economiche e per principio vietato al Leicester di turno - anche se accade una volta ogni 10 anni - di vincere la Premier e andare nella Champions al posto del Manchester United. Ripeto: già oggi, purtroppo, non accade quasi mai perché il calcio viene gestito malissimo. Ma togliere per principio il principio del merito sportivo vuol dire togliere al calcio la sua essenza. Per questo motivo, quel format lì resterà per tifosi e appassionati sempre inaccettabile.

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Lunedì 20 Maggio 2024
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