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Il calcio fa crack? La FIFA decide che è colpa degli agenti e ne limita i guadagni. Mentre i club strapagano il venticinquesimo giocatore della rosa, perdendo centinaia milioni all'anno

di Andrea Losapio
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© foto di Lorenzo Di Benedetto

"La colpa è dei procuratori, sono loro che hanno rovinato il calcio". Questa frase l'ho sentita con le mie orecchie nel 2008, all'Hotel Hilton zona Stazione Centrale di Milano, quando un noto dirigente calcistico era a colloquio con altre persone. Ovviamente davanti ad altri agenti che quasi se la ridevano, rispondendo fra il serio e il faceto. Il teatrino prendeva poi la piega del mezzo litigio perché chi pronunciava le accuse ci credeva davvero, con le risposte che prendevano un carattere via via meno scherzoso. Fino alla frase che tutti quanti continuano a dire anche adesso, quindici anni dopo, per smarcarsi da chi addossa tutte le responsabilità a una sola parte. "Ma io non ti ho mica puntato la pistola alla tempia per fare un contratto del genere".

Punto nel vivo. Perché è vero, i procuratori sono potenti perché possono decidere del futuro del proprio assistito - e di riflesso di quello di una squadra - ma poi chi mette la firma non sono loro. I giocatori decidono dove e come giocare, basti pensare a Donnarumma nel rinnovo con il Milan, quando di fatto scaricò Raiola per firmare un quadriennale a un anno dalla scadenza. Altri, quando devono prendere delle decisioni impopolari, si nascondono dietro al proprio agente che, di fatto, pagano anche per prendersi gli insulti e le pernacchie da parte dei tifosi. Il ruolo dell'agente serve perché altrimenti non esisterebbe, se fosse facile per un calciatore decidere il proprio stipendio, oppure trattare in una certa maniera. Chi vorrebbe non avere qualcuno che riesce a strappare contratti più onerosi evitandoci il momento della trattativa per un nuovo posto di lavoro? Tutti, probabilmente. Solo che spesso non c'è la forza contrattuale per potere andare oltre. Invece in questo senso i procuratori ce l'hanno, soprattutto se il giocatore è forte. Perché se, al contrario, è qualcuno che bisogna piazzare (magari perché acerbo o reduce da un'annata differente) è come cercare un lavoro ben pagato in questo periodo: quasi impossibile, troppa concorrenza, pochi posti.

Tutto questo per domandarsi: è lecito dire che è colpa degli agenti se il calcio è fortemente indebitato? Se le società buttano via centinaia di milioni di euro per stipendi faraonici del ventesimo giocatore, invece di provare mai a lanciarne uno dalle proprie giovanili? No, non è lecito. È un teatrino che le società impongono per abbassare i prezzi di un settore che troverebbe comunque il modo, più in alto che in basso, di guadagnare cifre faraoniche. La FIFA cerca di limitare i compensi agli agenti ma il tribunale di Dortmund ha deciso di sospendere, almeno in Germania, l'applicazione del nuovo regolamento. Una situazione che probabilmente si allargherà a macchia d'olio, visto che in queste cose serve solo chi alza il ditino e chiede conto di quanto scritto e di quanto visto. Beninteso, gli agenti guadagnano molto, ma sono pochissimi quelli che davvero riescono a farne un'impresa di altissimo livello. Alcuni sono pagati come ottimi professionisti (avvocati? Notai?), altri semplicemente lo fanno per passione o come diversivo, come hobby che, qualche volta, porta a soddisfazione.

Ci sono fior fior di agenti che si girano i campi, ogni settimana, per cercare un nuovo assistito. Per provare a dare una mano a sfondare a un ragazzino che, magari, senza conoscenze non ce la farebbe. C'è poi chi guadagna milioni su milioni, ma è normale pagare una doppia commissione come nel caso di Haaland, con x milioni al papà e x milioni all'agenzia di procuratori? La risposta è no e si tratta di cifre altissime. Quelle sono delle situazioni da regolamentare, questo è certo. Però ci sono due possibilità: la prima è una deregulation ferma e convinta, senza il Fair Play Finanziario che ha fatto più danni della grandine. La seconda è quella di lavorare con i procuratori - che sono i primi a volere delle regole certe e un pallone che funziona, non che sia gravemente indebitato e che rischia di scomparire - per un vero regolamento. La FIFA, questo è quello che dicono gli agenti, si è svegliata un giorno e ha imposto delle regole che non hanno senso. Interpellandoli per modo di dire, creando una associazione posticcia di procuratori per poi dire che hanno lavorato con loro.

Farebbe ridere, se non fosse vero. Far calare dall'alto delle scelte senza parlare con quelli che sono sul campo. Una visione miope di quanto sta succedendo. La Juventus che ora ha debiti incredibili pagava 5 milioni netti il suo quindicesimo giocatore. E poi Agnelli parlava di Superlega come se fosse un problema di sostenibilità. La verità è che i grandi vogliono rendere strutturali i guadagni per non dovere scendere, né di competitività, né di gradimento. Peccato che la Juve sia stata vittima di se stessa. È successo anche alla Roma, con le plusvalenze anno dopo anno e milioni su milioni spesi sia in servizi che in calciatori. Oppure l'Inter, che ora ha un bond con un tasso spaventoso ma che riesce a sopravvivere, non si sa bene come. Il Milan ha imbeccato una strada virtuosa e probabilmente sarà in positivo quest'anno, ma lo ha fatto attraverso manovre lacrime e sangue (e qualche lamentela da parte dei tifosi), in un percorso che comunque è durato parecchio.

La verità è che i club strapagano i calciatori, vanno sempre in rosso eppure i dirigenti vengono cambiati solamente in caso di fallimento sportivo, non di quello economico. Perché, quindi, regolamentare solo un aspetto marginale nell'economia aziendale come possono essere i compensi degli agenti? Perché sono gli ultimi della catena alimentare, per quanto potenti e costosi. Ma sono gli stessi che vorrebbero che la FIGC rendesse trasparente il dato singolo di ogni transazione, potendo così andare a controllare tutto quello che un singolo agente guadagna. I club non vogliono. Perché? La domanda è semplice: c'è qualcosa che non quadra. E lo sanno tutti, anche la FIFA.

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Sabato 10 Giugno 2023
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