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Dagli #A16 alle ali di folla: De Laurentiis ha avuto il coraggio mancato a Inter, Juventus e Roma. E in estate non dovrà spaventare l'eventuale uscita di Osimhen: il sostituto è già in Serie A

di Raimondo De Magistris
Nato a Napoli il 10/03/88, laureato in Filosofia e Politica presso l'Università Orientale di Napoli. Lavora per TMW dal 2008, è stato vicedirettore per 10 anni. Inviato al seguito della Nazionale
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La Serie A è oggi campionato di passaggio. Dobbiamo esser bravi ad acquistare, a valorizzare e poi a vendere al miglior prezzo. Come fa il Benfica in Portogallo, come ha insegnato l'Ajax in Olanda. E' questo il nostro destino e chi oggi si affanna dietro a ingaggi che non può permettersi, aumentando debiti che poi al massimo potrà rinegoziare, è destinato a restare impantanato in sabbie mobili che presto ti inghiottiranno.

Serve coraggio. Quello che in estate ha avuto Aurelio De Laurentiis quando tutti i tifosi gli indicavano l'autostrada A16 così da dedicarsi solo al Bari. Forse oggi in tanti se ne sono dimenticati, ma basta tornare a sette mesi fa e raccontare la cronaca di quei giorni: a luglio il presidente del Napoli era il più contestato della Serie A. Il non aver trattenuto Insigne, il non aver negoziato al rialzo il rinnovo di Mertens, gli addii di Koulibaly, Ospina e Fabian Ruiz avevano dato il là a una contestazione via via sempre più dilagante, con l'hashtag #A16 come trait d'union.
In questo clima, De Laurentiis ha avuto la fermezza di chi ha le idee chiare. Non ha cambiato di una virgola la sua strategia forte di un bilancio che da un paio d'anni non sorrideva più e ha snellito il monte-ingaggi per poi reinvestire e ripartire. Oggi non sembra in Serie A esserci una rosa profonda e competitiva come quella degli azzurri, ma perché tutto ciò è stato possibile? Perché c'erano le persone giuste al posto giusto (Giuntoli ds, Spalletti allenatore), ma soprattutto perché s'è compresa prima di altri qual è la nostra dimensione, cosa serve per trasformare i debiti in valore. Occorre liberarsi degli ingaggi pesanti, razzolare sul mercato potenziali campioni, farli giocare nel modo giusto e poi attendere, sulla riva del calciomercato inglese. Oggi numeri alla mano la rosa del Napoli ha un valore di 700 milioni di euro, valore quasi raddoppiato rispetto a quello della scorsa stagione. Chi chiedeva a De Laurentiis di farsi da parte sette mesi fa, oggi lo aspetta fuori lo stadio per rendergli omaggio. E dovrebbe presentarsi con un'offerta da un miliardo di euro per sedersi con lui attorno a un tavolo per discutere della cessione (e probabilmente non basterebbe).

Dov'è questo coraggio nelle altre big della Serie A? Non c'è. L'unica che merita un discorso a parte è il Milan, non a caso campione d'Italia. Il problema in questo caso è l'aver totalmente sbagliato il mercato estivo. Ha preso De Ketelaere e Adli in un ruolo in cui era già stato confermato Brahim Diaz e non Kessiè, l'unico davvero funzionale al 4-2-3-1 di Pioli. Sono stati spesi 35 milioni di euro per un trequartista e non per un'ala destra o un centravanti. Non è stata azzeccata una scommessa, non è arrivato quel Botman che è già oggi il migliore difensore della Premier.
Ma se il Milan paga errori legati a una sessione di calciomercato, le altre big pagano una strategia errata alle fondamenta. Skriniar non ceduto per 50 milioni di euro e poi perso a parametro zero sei mesi dopo è solo la punta dell'iceberg di un sistema che non ha capito qual è il nuovo contesto. La Juventus la scorsa estate prendeva Di Maria, Paredes e Pogba, salvo poi ritrovarsi in campo coi frutti dell'unico vero progetto sensato messo in piedi dalla società bianconera negli ultimi anni: la seconda squadra. Quella che servirebbe anche alla Roma per mettere a disposizione dell'allenatore i migliori giovani di un settore giovanile che probabilmente non ha eguali, ma che si ritrova in prima squadra solo quando l'emergenza lo impone.

Siamo ormai lontani dall'élite del calcio europeo e possiamo migliorare solo se vendiamo bene. In questo senso, il Napoli probabilmente non potrà fare a meno di vendere quello che è oggi, per distacco, il miglior giocatore della Serie A: Victor Osimhen. Appena cominceranno a fioccare offerte dall'Inghilterra da 150 milioni di euro, non si potrà più trattenere un giocatore che avrà già ricevuto promessa di uno stipendio da 10-12 milioni a stagione. A quel punto o vendi o entri in un buco nero che ogni volta si sviluppa grossomodo così: non vendi e quindi prende il via la trattativa per il rinnovo del contratto, offri di più rispetto a ciò che puoi ma comunque non basta, il giocatore prende tempo (spesso in campo risente del caos che c'è fuori) ma passano i mesi e non firma, così si avvicina la scadenza del contratto. A quel punto il giocatore prende il controllo della situazione e impone l'aut-aut: "O mi vendi a queste condizioni o aspetto ancora un po' e vado via a parametro zero". Il prezzo si abbassa settimana dopo settimane e in società aumentano i rimpianti per quello che poteva essere (incassato) e invece non è stato.

Non penso che il Napoli in estate debba smantellare. Per quella che è oggi la Serie A ci sono tutti i presupposti per aprire un ciclo, ma tra quattro mesi Osmhen sarà il centravanti più ambito dalle big europee e allora come fai a trattenerlo? A 150 milioni di euro dovrà esser ceduto. Per poi rinforzare ulteriormente la squadra negli altri reparti e investire la metà di quei soldi in un sostituto che è già in Serie A: Rasmus Hojlund. Più che svenarsi per attaccanti da ingaggi improponibili, il Napoli dovrebbe puntare a quel punto sul centravanti classe 2003 dell'Atalanta che ha già palesato qualità da predestinato.

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Lunedì 27 Marzo 2023
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