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Da Calciopoli a Plusvalenzopoli, ecco perché la Juve ci ricade. Cosa rischiano i bianconeri. Mancati controlli della Federcalcio. Commisso ha ragione: regole non uguali per tutti

di Enzo Bucchioni
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© foto di Federico De Luca

Sono passati quindici anni da Calciopoli, il più grande scandalo del nostro pallone che ha mandato la Juventus in serie B.

E quindici anni dopo nell’inchiesta appena iniziata che banalmente ribattezzerei Plusvalenzopoli, c’è un’altra volta di mezzo la Juventus.

Ancora tu, ma non dovevi caderci più?

Già. Questo potrebbe essere il tema vero: chiedersi perché c’è ancora di mezzo la Juventus.

Una premessa. Quei due o tre che mi seguono sanno benissimo che io faccio il tifo solo per il calcio, per il fair play calcistico e pure finanziario, non ho mai indossato casacche e non appartengo a parrocchie.

Insomma, visto che conosco i miei polli, per quel che serve, non scrivo perché anti-juventino e quindi desideroso di mettere il coltello nella piaga: il mio unico scopo è capire cosa sta succedendo.

Come cercai di capire nel 2006 quando tutti massacravano e abbandonarono Moggi, a cominciare dagli amici ai quali aveva fatto favori di ogni tipo, e io invece accettai di scrivere il suo primo libro con l’unico scopo di fare chiarezza, di smontare le troppe, evidenti, esagerazioni di quell’inchiesta a senso unico. Senza nascondere le responsabilità. Giornalismo, insomma.

Poi le sentenze ci sono state, in tanti hanno pagato, alcuni l’hanno fatta franca, ma questa ormai è storia.

Una storia che pensavo avesse fatto diventare tutto il calcio più virtuoso, avesse indotto i dirigenti del pallone a una riflessione e quindi a comportamenti migliori. Evidentemente mi sbagliavo.

E la sorpresa più grande è quella di trovare ancora una volta nel mirino della magistratura proprio quella Juventus che ha pagato duramente e avrebbe dovuto pensarci bene prima di andare anche di una virgola in un nuovo terreno minato.

E’ ovvio che stiamo ragionando su quello che trapela da un’inchiesta coperta dal segreto istruttorio. La Juventus ha fatto sapere di non aver commesso illeciti e fino a prova contraria, la presunzione di innocenza deve valere per tutti.

Quando però c’è in corso un’inchiesta della magistratura ordinaria, che va avanti da tanto tempo, con intercettazioni e un lavoro capillare che sta già in parte emergendo, pensare a una bolla di sapone mi torna molto difficile se non impossibile. Aspettiamo comunque per capire cosa è successo, dove la Juventus ha sbagliato e soprattutto in che misura.

Le plusvalenze di per sé sono lecite, ma qui sembra di capire che ce ne siano state troppe senza passaggio di denaro, con valutazioni di giocatori al di fuori da ogni logico valore di mercato, e, soprattutto, qualche maquillage fatto ai bilanci potrebbe aver consentito di rimanere nei parametri finanziari per consentire l’iscrizione ai campionati.

Ripeto, sono indiscrezioni: lasciamo lavorare la magistratura.

Non possiamo però non chiederci, e qui ritorno alla domanda iniziale, come mai in certe questioni border line e oltre, sia finita un’altra volta la più grande società italiana, quella con il maggior numero di tifosi (circa 15 milioni), quella che ha vinto più di tutti, reduce da nove scudetti consecutivi. Ma perché la Juventus così forte e ricca? Come mai? Che bisogno c’è?

Cerco di mettermi nei panni dei tifosi, penso alla loro immaginabile delusione. Sono ovviamente contenti di tifare una squadra che vince tanto, ma quando le vittorie diventano opache che sapore hanno?

E poi, che bisogno c’è di andare sempre oltre?

Anche nel 2006 la Juventus era la più forte, nella finale di Berlino c’erano in campo undici bianconeri fra Italia e Francia. Eppure anche allora si cercava di andare oltre anche se per vincere quella Juventus non aveva bisogno di esercitare il potere fuori dal campo.

“E’ più forte di me”, “E’ più forte di me”, “E’ più forte di me”, diceva come un mantra Francesco Nuti in uno dei suoi film più belli.

Ecco, comincio a pensarlo. E credo che tutto derivi da quella famosa parola d’ordine che il mondo juventino si tramanda da sempre: “L’unica cosa che conta è vincere”. L’impressione è che la parola d’ordine sia diventata un’ossessione, che anche al giovane Agnelli le vittorie non bastino mai, si vuole andare sempre oltre e quando non ci si riesce non si bada troppo al sottile.

Fra le frasi intercettate ce n’è una che deve far riflettere: “Volevamo diventare come il Real Madrid”.

E per provarci sono andati a prendere Ronaldo senza poterne reggere l’impatto economico. Da qui deriva il grosso di quello che sarebbe successo, perché se è vero che la pratica delle plusvalenze gonfiate non è nuova e appartiene a molte squadre, la Juventus sembra aver esagerato anche nel numero delle operazioni contestate.

Vincere a tutti i costi e per vincere bisogna provarle tutte è un modo di pensare inaccettabile.

Quello che da più fastidio è proprio questa idea ricorrente, quasi una cultura, che nello sport per primeggiare non si debba essere più bravi degli altri, ma anche più furbi. Se fossi tifoso della Juventus, lo ripeto, sarei parecchio turbato e quindi disamorato. Quella squadra straordinaria del 2005 e 2006, come ricordava giustamente Ibrahimovic, gli scudetti li aveva vinti sul campo, era superiore. Però su quella squadra ora c’è la nebbia. Come si alzerà, probabilmente, su questo ciclo straordinario di nove anni, se le accuse saranno provate.

E allora mi ripeto: perché? Che bisogno c’è?

E qui entrano in ballo anche le considerazioni di Rocco Commisso fatte ieri, ma pure in altre occasioni. Oggi la competizione non è solo sul campo, è prima di tutto economica, e se le regole economiche non sono uguali per tutti, se qualcuno può spendere più di altri senza avere le risorse, se i bilanci non hanno trasparenza, la competizione è viziata.

Un grande tema che chiama in causa il palazzo del Pallone che, come sempre, si decide a intervenire, a fare regole nuove e più attente, quando i buoi sono scappati dalla famosa stalla.

Questa storia delle plusvalenze opache era arcinota a tutti e accostata a diverse società. Quante volte a margine della lettura dei bilanci o in sede di calciomercato, ci siamo chiesti chi è quel giocatore mai sentito, possibile valga tanti soldi con divertenti storielle raccontate sui media cartacei o digitali che siano. Non solo per la Juve, sia chiaro, anche per altri. Ripeto: da anni.

Qualcuno si è mosso nel palazzo del pallone?

Qualcuno ha pensato di chiedere spiegazioni o di andare ad analizzare a fondo i bilanci visto che qualche straccio di legge sportiva lo consente?

Certo che no. Ovviamente per non disturbare il manovratore.

Ora che fa Gravina?

Dall’anno prossimo le plusvalenze saranno consentite soltanto con passaggio di denaro reale. Quasi l’uovo di Colombo.

Ma non potevano pensarci prima?

A questa domanda non risponderà mai nessuno.

In attesa della conclusione dell’inchiesta della magistratura ordinaria e del passaggio degli atti alla magistratura sportiva che a sua volta aprirà un’indagine, la domanda delle domande è una sola: cosa rischia la Juve?

Da niente a una multa, ma perfino la retrocessione se i fatti provati saranno stati tali da incidere sull’iscrizione ai campionati, così dicono le norme e gli esperti.

Inutile e stupido fare previsioni o sperare questo o quello. Ce lo diranno i magistrati. E’ il momento della serietà e del rigore, sperando che si vada a fondo per la Juventus, ma anche per altri nell’eventualità ci fossero ulteriori sospettati in serie A, ma non solo.

Non lasciamo ombre, dubbi e interrogativi come successe con Calciopoli, sarebbe un’altra dura mazzata per il calcio. Inaccettabile.

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