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Chi decide al Milan? La svolta non sarà cambiare o meno Pioli, ma trovare in società l’uomo responsabile delle scelte. Ed essere all’altezza della storia

di Carlo Pizzigoni
Giornalista, scrittore, autore. Quattro libri, tanti viaggi. Tutti di Calcio. Su Twitter è @pizzigo. Su Twitch con @lafieradelcalcio
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Undici punti di distacco dalla capolista Inter, fuori dalla Champions League: tutto da buttare. Terzo posto in classifica, eliminazione dall’Europa che conta dopo essersela giocata fino all’ultimo secondo (e dopo aver dominato le prime due gare del girone ottenendo meno del meritato: molto da salvare. A seconda della prospettiva che scegli, la valutazione della prima parte di stagione del Milan può oscillare parecchio. Se diamo ascolto ai social e in generale ai tanti tifosi che affollano San Siro o che ricoprono buona parte del Paese, pare che il responsabile principale di una stagione che rischia di affondare nella mediocrità sia il tecnico, Stefano Pioli. Anche chi non gli riconosce tutte le colpe, attribuisce comunque a lui le responsabilità sui tanti infortuni, un numero davvero elevato e che anche se condiviso con diversi club europei, lascia i rossoneri a giocare in perenne emergenza. Insomma, in campo, il Milan vive palesi momenti di difficoltà, anche se non tutto, a cominciare dalla classifica, è da buttare.

La questione aperta rimane l’ambiente se non ostile, totalmente privo di fiducia rispetto alle prospettive e una continua attesa di una comunicazione forte da parte della società. Messi alla porta Paolo Maldini e Ricky Massara, il Milan ha perso la voce. Non solo e non tanto perché nei pre e post partita si tirino fuori chissà quali concetti o visioni, ma anche perché i dirigenti rimasti che si alternano nelle interviste lasciano un segnale di indeterminatezza, di poca persuasione. Dal proprietario Cardinale ai diversi dirigenti, da Furlani a Scaroni, ultimamente è apparsa anche l’opinione di Moncada: da nessuno pare accreditarsi una idea forte di percorso da intraprendere. A inizio stagione si è molto parlato sui media del piano-Moneyball, alcune volte con spunti interessanti, altre riempiendo pagine di parole vuote ma appena le cose non sono andate come tutti i tifosi speravano (c’era molto entusiasmo rispetto al mercato e alla stagione tra i supporters) è mancata la scelta di una comunicazione condivisa e forte. Pioli ha continuato a mostrarsi fiducioso sulle prospettive pur riconoscendo le difficoltà della stagione e cercando di comprendere certe prestazioni opache.

Ma il resto? La dirigenza tutta, proprio per ovviare a una loro relativa credibilità tecnica che in questi mesi si è palesata, ha provato da tempo a convincere Zlatan Ibrahimovic ad entrare in società. Il corteggiamento ha funzionato e adesso l’ex attaccante è entrato nei quadri. Certo, non ha ancora esperienza da dirigente ma sicuramente grande carisma e credibilità. Il suo arrivo e i seguenti sommovimenti potrebbero rimettere in ordine un organigramma che faceva acqua, pur riconoscendo le competenze che nessuno mette in dubbio: Moncada e D’Ottavio sono ottimi professionisti, il calcio e i calciatori lo conoscono, come, credo, altri della dirigenza possono essere considerati manager di livello. Ma quando a qualcuno è chiesto di andare oltre le proprie pertinenze, è ovvio che possono sorgere delle criticità.

Prendiamo il cosiddetto Caso Pioli. Certamente in società c’è chi è meno soddisfatto del lavoro del tecnico e chi gli assegna degli alibi, chi vorrebbe cambiare subito per mettere in panchina il tecnico della Primavera, chi vorrebbe tentare di prendere tempo per convincere un big (magari Antonio Conte), chi vorrebbe arrivare a fine stagione per poi pianificare meglio. Tutte situazioni che, mutate le condizioni, si sono ripetute in passato in tante squadre che hanno attraversato difficoltà. Sentiti tutti i pareri, però, solitamente, esiste nelle società che funzionano, l’uomo preposto alle decisioni, l’accreditato dalla società a scegliere e quindi comunicare l’eventuale esonero oppure una dichiarazione forte in cui si annuncia una fiducia assoluta nel lavoro di Pioli. Così si levano i dubbi e si cerca di far rimanere sereno il gruppo che, invece, oggi, al Milan, non lo è anche per questa situazione di stallo che si perpetua. Ecco, un uomo così, tra i rossoneri, oggi non c’è. Manca l’uomo, il dirigente che, sui temi calcistici, sul quotidiano, possa prima di tutto farsi un'idea su quello che sta vivendo la squadra e poi, una volta sentita la proprietà e i dirigenti, indirizzi la scelta. Anche, allargo il campo, tiri un po’ le fila, ad esempio, del mercato estivo: A che punto sono i nuovi arrivati? Che percezione ci sono circa il loro impatto, siamo ancora sicuri che sono quei giocatori che abbiamo immaginato quando li abbiamo presi?

Molte delle incertezze della stagione risiedono in questo vuoto che il Milan, orfano di Maldini e Massara, sta patendo. Serve una svolta, ma in questa direzione, più che nel decidere se proseguire o meno con Pioli. Servo chiarezza dentro la società e quindi nei confronti dei tanti tifosi rossoneri. Non è tempo di esibire curricula, ma senso di responsabilità. È tempo delle scelte, è tempo di dimostrare di essere all’altezza del Milan, che, col rispetto di tutti, non è una specie di Sassuolo/Udinese di alto livello dove ci si può accontentare di fare player trading. Il Milan, la sua storia, esige eccellenza in tutti i campi

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Sabato 18 Maggio 2024
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