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Catastrofismo Juve: la colpa è del Napoli. Da Sarri a Giampaolo: l'allenatore è più importante della campagna acquisti. Al calcio italiano non basta il nome: quattro idee per una seria rifondazione

di Raimondo De Magistris
Nato a Napoli il 10/03/88, laureato in Filosofia e Comunicazione presso l'Università Orientale di Napoli. Lavora per Tuttomercatoweb.com dal 2008, è il vice direttore dal 2012
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Non è la stessa Juventus di un anno fa. Il confronto, dati alla mano, sembra chiaro e pacifico. Dopo 13 giornate ha il migliore attacco e la quarta miglior difesa, numeri meno buoni di quel che possa sembrare perché negli ultimi dieci anni - sempre e comunque - a vincere lo Scudetto è stata la squadra che ha subito meno reti.
Un ciclo in difesa s'è chiuso nella passata stagione, con gli addii di Dani Alves e Bonucci, e ripartirà più compiutamente nella prossima stagione con gli arrivi certi di Caldara, Spinazzola e un altro terzino destro. Nel frattempo, ci si barcamena con una difesa che resta comunque, almeno per l'Italia, di primissimo livello, ma deve registrarsi meglio. E in questo senso i recenti sfoghi di Pjanic e Benatia non sono arrivati a caso.
Specificato ciò, c'è un altro punto da sottolineare. Con altrettanta e forse ancor più forza. Tutto questo catastrofismo attorno ai bianconeri, e soprattutto attorno ad Allegri, è immotivato. La Juventus sta facendo il suo cammino e classifica alla mano dopo 13 giornate ha conquistato 31 punti. Uno score che, negli ultimi due anni, avrebbe sempre fatto rima con primo posto. Rispetto alla passata stagione, i bianconeri hanno solo due lunghezze in meno, ma basterà battere oggi il Crotone per trasformare questo confronto nuovamente in positivo.
Cosa vuol dire tutto ciò? Significa che se quest'anno in vetta c'è confronto e incertezza non è demerito della Juventus. E' merito delle altre, soprattutto di un Napoli partito fortissimo, il secondo miglior avvio di stagione di una squadra nella storia della Serie A. Solo la Juventus 2005/06 fece meglio.
Ecco perché chiedere la testa di Allegri, o criticare aspramente la squadra, non ha motivazioni solide. Non ha senso non solo per quanto dimostrato da questa squadra nel recente passato, ma anche per quanto sta dimostrando nel presente. Può fare di più certo? Certo. E Allegri, in questo senso, è sempre riuscito a far accelerare le sue squadre nella seconda parte di stagione. Ma la Juve sta comunque già viaggiando su ritmi forsennati e migliorarsi ulteriormente non basterà per ammazzare il campionato. Perché quest'anno in vetta nessuno perde un colpo e, vivaddio, si preannuncia una battaglia all'ultimo punto fino alla fine.

Sarri, Spalletti, Allegri, Di Francesco, Inzaghi e Giampaolo. Sono loro, di questi tempi, a comandare la Serie A. Non è un caso, alcuni sono alla guida delle squadre più forti, ma sono anche i migliori allenatori che in questo momento può mettere in vetrina il nostro campionato, In grado di trasformare in oro anche un calciomercato in alcuni casi deficitario.
Spalletti ha messo ordine, con tre acquisti da squadre di metà classifica, a un'Inter che fino a qualche mese sembrava un caos ingestibile. Al suo posto a Roma è arrivato Di Francesco, che senza Rüdiger e Salah ha dato alla squadra una consapevolezza della sua forza - soprattutto in Europa - mai vista prima. Di Sarri e Allegri in questi mesi abbiamo detto e scritto di tutto e di più: sono i migliori. E presto a questi livelli arriveranno anche Inzaghi e Giampaolo: stanno portando avanti due autentici miracoli. Perché va bene i giovani pescati con lungimiranza in giro per l'Europa dai ds, ma questa estate il primo ha perso Keita, Biglia e Hoedt e il secondo Muriel, Schick, Bruno Fernandes e Skriniar. Non giocatori qualsiasi. Eppure, stanno riuscendo a fare meglio della passata stagione. Vincendo e divertendo.
Una lezione da non sottovalutare, che rivaluta di parecchio la figura dell'allenatore, probabilmente il tassello più importante nella costruzione di una squadra. La controprova? Il sondaggio di TMW del 2 settembre, appena chiusa la campagna trasferimento. Vi abbiamo chiesto: "Chi ha fatto il miglior mercato estivo della Serie A?". E sono arrivate quasi diecimila risposte che hanno issato il Milan al primo posto e il Torino subito dietro. Giustamente, un pensiero condiviso in modo unanime anche dagli addetti ai lavori. Ma entrambe sono lontanissime dalle posizioni europee perché hanno probabilmente fallito nella scelta più importante: quella dell'allenatore. Sia rossoneri che granata a fine novembre non hanno ancora una loro identità di gioco, con Montella che ha battuto tutti i record cambiando 22 formazioni in 22 partite.

Infine, il punto sullo stato di salute del calcio italiano, ancora profondamente malato dopo la catastrofe mondiale. Si sta cercando di capire come ricostruire, ma al momento non c'è certezza. Lunedì ci sarà l'Assemblea di Serie A, la penultima occasione per stilare un organigramma ed evitare il commissariamento dell'intera FIGC, soluzione che vorrebbe adottare il presidente del CONI Giovanni Malagò. Ad oggi, infatti, il punto su cui si sta giocando la partita sembra essere questo: presidente della FIGC eletto dai suoi membri o commissario scelto dal Coni? Punto importante, per carità. Ma è davvero attorno a ciò che si gioca la rinascita del calcio italiano? La risposta è negativa. Servono programmi, idee, e di tutto questo ancora non c'è traccia. Serve modificare ciò che palesemente non va e cambiarlo il più in fretta possibile. Qualche idea? Eccole.

1) Introduzione squadre B - Il modello spagnolo in questi anni si sta rivelando vincente. La squadra B sempre almeno una serie sotto a quella della prima squadra, ma al contempo sempre sotto lo stretto controllo del club che così può far giocare i suoi migliori giovani in campionati competitivi, non nel Primavera, senza esser costretto a prestiti che spesso fanno rima con salti nel buio. In questo modo il rischio che i migliori 16enni non si perdano nell'80% dei casi a 20 anni è molto più basso.
2) Riduzione delle squadre - Quest'anno la conferma più lapalissiana che il gap in Serie A è troppo ampio. Ne ho parlato nel mio precedente editoriale, che vi invito a leggere (in basso il link).
3) Parte del fatturato da dedicare obbligatoriamente ai vivai e ai suoi impianti - Troppi club ci credono ancora troppo. Tra le top leghe europee quelli italiani, tranne sporadici casi, sono i club che investono meno nei Settori Giovanili. Se allora i presidenti non guardano oltre la punta del proprio naso meglio regolamentare questo aspetto, magari obbligando le società di Serie A a investire una parte del proprio fatturato (10-12%) proprio sui giovani e sugli impianti nei quali si allenano.
4) Ammodernamento o costruzione di nuovi impianti - Anche in questi caso lo scenario è desolante, per chi va allo stadio ma anche per chi guarda dalla tv. E l'ammodernamento o la ricostruzione degli stadi è un aspetto che riguarda anche i diritti tv, argomento che molto presto tornerà argomento d'attualità. Perché è giusto ripensare i criteri di divisione degli stessi, modificando la legge Melandri, ma se la torta è più piccola resterai sempre due-tre spanne sotto gli altri. E la colpa è anche di stadi vecchi e obsoleti, che deprezzano il prodotto Serie A avvantaggiando invece quei campionati che negli ultimi 20 anni hanno messo su un piano serio e concreto per rendere gli impianti al passo con i tempi.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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