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LA LAVAGNA - Ecco l'analisi della stagione

di Bruno Rosati
per Tuttocesena.it
Marco Rossi/TuttoCesena.it
Marco Rossi/TuttoCesena.it

La stagione 2016/2017 è stata da poco consegnata agli archivi. Quanto il Cesena si era posto come obiettivo (raggiungimento dei play-off, con l’intento di fare meglio rispetto a quanto fatto nell’annata precedente) è stato del tutto mancato. La squadra romagnola ha raggiunto la salvezza aritmetica solo alla penultima giornata, l’intero campionato è stato vissuto con apprensione e sbigottimento. Incredibile spiegarsi come mai un organico ritenuto superiore alle dirette rivali non riuscisse a prevalere in maniera netta e si trovasse sempre lì, ingolfato nei bassifondi, senza mai prendere il largo.

Le cose però non avvengono mai per caso, occorre quindi cercare di capire cosa non abbia funzionato e perché.

Il Cesena ha raccolto 53 punti in classifica in 42 gare disputate, una media di 1,26 punti a partita. Contro chi sono arrivati questi punti? Andando a snocciolare fra tutti gli avversari affrontati, è possibile vedere che 2 punti sono arrivati contro Spal e Verona, ovvero le due squadre promosse direttamente in serie A. Su 4 partite, una media di 0.5 punti a match. Fin qui, nulla di strano, che il Cesena non sia stato all’altezza dei primi posti è palese. Contro le quattro squadre retrocesse (Trapani, Vicenza, Pisa, Latina) il Cesena ha totalizzato 16 punti in 8 sfide (media di 2 punti), questo gli ha permesso alla fine di scampare alla retrocessione.

In estate si parlava di un Cesena da play-off, ecco, contro le squadre che si sono qualificate per gli spareggi-promozione (dalla terza all’ottava in classifica) sono stati raccolti 21 punti in 12 partite, con una media altissima di 1,75 punti. Ciò ci suggerisce che molto probabilmente il tasso tecnico di questo Cesena era all’altezza delle squadre che si contendono l’ultimo pass per la serie A.

Perché allora i play-off non sono stati agguantati? La risposta a questa domanda è tutta nei 14 punti in 18 partite (0,78 di media) giunti contro le squadre dalla nona alla diciottesima posizione, quei club che quindi, come il Cavalluccio, hanno trovato la salvezza senza raggiungere le posizioni nobili della classifica. Contro le sue dirette concorrenti, il Cesena difficilmente è riuscito a prevalere. Appena due vittorie, otto pareggi ed altrettante sconfitte: dati che confermano l’impressione venutasi a creare nella mente di tanti nel corso dei mesi. Sul piano caratteriale, questa squadra ha lasciato decisamente a desiderare.

Come si è approdati al tredicesimo posto in classifica? Abbiamo già detto che la media punti stagionale è stata di 1,26. Questa media è equamente ripartita fra le gare giocate al Manuzzi o in trasferta? No, affatto. Analizzando solamente le sfide giocate in casa, il Cesena ha una media di 1,62 punti per ogni incontro giocato. La stessa media-punti delle partite interne nel campionato di serie B 2013-14, terminato con la promozione in serie A.

Perché una squadra che in casa ha tenuto lo stesso passo avuto in uno dei suoi campionati più avvincenti ha fatto così fatica a salvarsi? E qui si arriva al peccato originale, le partite in trasferta. Qui occorre fare un passo indietro. Quest’anno, lontano dalla Romagna, il Cesena ha arrancato ed ha compromesso quella che poteva essere una stagione positiva, maturando appena 0,90 punti a partita. Attenzione. Ha comunque fatto meglio del Cesena 2015-16 che fuori casa viaggiava con una media di 0,86 (19 punti quest’anno, 18 l’anno scorso).

Nell’annata 15/16, un organico pregevolissimo ha massacrato praticamente chiunque passasse per la Fiorita e questo ha purtroppo fatto sì che tanti non badassero a quanto facesse fatica sugli altri campi. Negli ultimi dieci anni il Cesena ha disputato sei campionati di serie B e solo nell’annata 07/08 (culminata con la retrocessione in Lega Pro) ha avuto una media punti esterna inferiore. Fare orecchie da mercante di fronte a questi numeri ha portato il Cesena 16/17 a raccogliere solamente 3 punti al di fuori delle mura amiche nel girone d’andata fra Ascoli, Vicenza e Terni.

Che in casa si facessero meno dei 50 punti totali (media 2,38) della scorsa stagione, a fronte delle tante cessioni in estate, era assolutamente preventivabile. Occorreva sin da subito lavorare sui numeri in trasferta. Fortunatamente ciò è avvenuto nel girone di ritorno (meglio tardi che mai, si direbbe) dove la situazione si è completamente ribaltata: 16 punti fuori contro i 15 al Manuzzi, conditi da ben quattro vittorie (una in più dell’anno e mezzo precedente). I meriti e gli elogi di questo cambiamento drastico sono tutti per Andrea Camplone, capace di infondere coraggio in un gruppo mestamente abituato a perdere. Un cambiamento radicale di mentalità, forse una delle poche note liete da cui ripartire.

Non si vuol sminuire il record casalingo di punti del campionato 2015/16 ma in quella rosa c’erano giocatori che hanno dimostrato di poter giocare ad altissimi livelli in serie A. Quanti dei calciatori bianconeri attuali potrebbero fare altrettanto? Se un Cesena privo di Gomis, Caldara, Kessie e Ragusa è stato in grado comunque di fare più punti in trasferta (e, sia chiaro, ne ha pur sempre fatti pochissimi) significa che il Cesena 2015-16 ha reso meno di quanto potesse dare, in proporzione più di quanto il Cesena 2016-17 sia andato al di sotto del suo effettivo potenziale.

In tutto in campionato, il Cesena ha segnato 51 gol. L’anno precedente ne aveva messi a segno 6 in più. Il ché è comprensibile, dato che aveva a disposizione Ragusa e, nel girone di ritorno, Falco, che facilmente trovavano la via del gol. Ciano anche quest’anno si è confermato vero trascinatore di tutta la manovra offensiva. In soli due anni ha messo a segno trenta gol fra regular season, play-off e Coppa Italia. Ogni volta che è stato assente o non era propriamente in giornata, la fase di possesso palla ne ha risentito tantissimo. I compagni di reparto che gli sono stati affiancati hanno tuttavia fatto tutti una stagione positiva. I loro gol hanno portato punti pesanti, la sola rete di Djuric a Benevento è stata infruttuosa. L’ariete bosniaco, ceduto a gennaio, è stato il partner di Ciano che più volte è andato in rete (6 gol). Nelle partite in cui ha segnato sono arrivati 11 punti. Il suo sostituto, Cocco, ha dato un contributo importante con le sue 5 marcature da cui sono arrivati 7 punti. Rodriguez è paradossalmente la prima punta che ha fatto più presenze (24) ma che ha giocato meno minuti (1005’ per lo spagnolo, 1171’ per l’attaccante sardo, 1585’ per Djuric) e i suoi 5 gol sono valsi la bellezza di 12 punti. Al di là della statistica, Rodriguez ha deciso le due gare più critiche dell’intera stagione (Cesena-Pisa e Cesena-Ternana), quando non vincendo da diverso tempo i bianconeri si sono ritrovati con le spalle al muro. A discapito della sufficienza di cui viene costantemente tacciato, lo spadaccino è stato nuovamente fondamentale per le sorti del Cavalluccio.

La difesa del Cesena ha subito 48 gol, ben 11 in più dell’anno prima in cui, nonostante il sesto posto in graduatoria, era stata la terza meno perforata di tutto il torneo. La scelta operata ad inizio stagione di confermare solo tre elementi della retroguardia su otto (tra cui un Renzetti ripescato con la testa altrove all’ultimo giorno di mercato) non ha per nulla pagato.

È però grazie ad un difensore se un Cesena troppo privo di anima per essere vero non è definitivamente sprofondato nel baratro. Dopo trenta giornate, il 19 marzo, il Cesena si trova in piena zona play-out ma quel giorno ritrova in campo il suo capitano, Daniele Capelli. Di lì in avanti seguirà una serie di risultati positivi che ha condotto alla tredicesima posizione finale.

I numeri sono eloquenti, con Capelli in campo il Cesena ha realizzato 28 punti in 17 giornate. Senza di lui sono arrivati 25 punti in altrettante partite. La media è di 1,65 a gara; se si guardano solo i numeri relativi al periodo con Camplone in panchina, la media aumenta vertiginosamente a 2 punti a partita, una velocità da promozione diretta.

Come se ciò non bastasse, in una stagione in cui la squadra ha difettato tantissimo anche sul piano della comunicazione e non solo su quello sportivo, dopo la sconfitta interna contro la Virtus Entella e dopo aver perso il derby a Ferrara, il muro di Grumello è stato uno dei pochi a metterci la faccia e ad andare a parlare con franchezza ai tifosi delusi.

Malgrado qualche infortunio difficile che a tanti ha fatto storcere il naso sulla sua tenuta fisica, nelle sue quattro stagioni in bianconero, Capelli ha una media di 26 presenze annue. Andando a vedere la media delle presenze di tutti i calciatori che hanno vestito la casacca del Cesena per quattro o più anni dal 2000 ad oggi, solo uno ha giocato più di 30 partite a campionato ed è Francesco Renzetti. Tutti gli altri, da Salvetti a De Feudis, passando per Volta, Biserni, Cascione, Lauro, Ceccarelli, Succi, Djuric e Bernacci hanno una media che oscilla dalle 25 alle 30 gare a stagione. Ciò significa che i numeri di Capelli sono perfettamente in linea con quelli di tanti che hanno scritto pagine di storia bianconera.

Per una squadra che naviga a vista, la cui unica ambizione è quella di salvarsi il prima possibile, rinunciare ad un fuoriclasse per la categoria come l’ex difensore dell’Atalanta sarebbe un enorme salto nel buio, un grande rischio e occorre ragionare bene se valga la pena correrlo oppure no.

L’anno che si è concluso è stato fin troppo sofferto ma proprio per questo bisogna tenerlo bene a mente e non far finta che non sia accaduto nulla. L’intraprendenza emersa nelle ultime gare, completamente in contrapposizione con l’atteggiamento remissivo mostrato all’inizio, è una buona base di partenza su cui costruire un futuro con meno patemi. Allo stesso tempo, bisogna scolpirsi in testa gli sbagli commessi nel progettare questa stagione per non ricadervi. Se il Cesena saprà mettersi di più in discussione e far tesoro degli insegnamenti tratti dagli errori passati, l’avvenire sarà dalla sua parte.


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