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Ragazze Mondiali nella Storia. Ora indietro non si torna

di Tommaso Maschio
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“Queste straordinarie Ragazze Mondiali stanno scrivendo la storia”. Lo ha detto al termine dell’ottavo di finale contro la Cina il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina. Ed è vero perché l’Italia con questo successo entra fra le prime otto al Mondo (alzi la mano chi se l’aspettava alla vigilia) ed eguaglia il risultato del 1991 quando però c’era un turno in meno per arrivare ai quarti di finale.

Siamo al coronamento, e chissà se queste ragazze non abbiamo in serbo qualche altra sorpresa, di un percorso iniziato due anni fa dopo un Europeo sotto le attese e all’alba dell’ingresso dei grandi club maschili nel mondo femminile. Un cammino partito lontano dai riflettori in stadi, con tutto il rispetto, come quelli di Spezia e Castel di Sangro (le prime due gare di qualificazione alla Coppa del Mondo contro Moldavia e Romania si giocarono lì) ben lontani dal fascino del Franci dove contro il Portogallo si staccò il pass per questa rassegna iridata e distanti ben oltre il chilometraggio da quelli che ospitano l’evento in Francia. Un cammino che ha saputo conquistare fette sempre più larghe di pubblico fino ai 7,3 milioni di spettatori della sfida contro il Brasile. Risultati che solo un anno fa sembravano miraggi e che invece queste ragazze e la ct Bertolini ora vedono come reali anche se stentano a crederci.

Il Mondiale era, alla viglia, considerato il grande trampolino di lancio per uscire dall’ombra e risplendere al sole e questa Italia femminile lo sta sfruttando come meglio non avrebbe potuto facendo innamorare un intero paese che a lungo le ha snobbate e a volte derise. Il difficile però viene adesso perché bisogna far sì che la bolla non si sgonfi, che l’attenzione resti alta e sopratutto che il processo avviato da due-tre anni proceda perché ormai indietro non si può tornare. E c’è solo un passo che può permettere al calcio femminile di avanzare, crescere, costruire una base sempre più solida e larga su cui costruire i successi futuri e far sì che le bambine che vogliono giocare a calcio non siano più delle eccezioni, ma la normalità. Questo passo è il professionismo che non vuol dire stesso trattamento salariale, ma stesse opportunità, stesse possibilità per uomini e donne di fare del calcio il proprio mestiere senza doversi dividere fra campo e lavoro come spesso ancora oggi accade anche nella Serie A femminile. Coi tempi e coi modi giusti perché il rovescio della medaglia di una riforma fatta in fretta e furia sull’onda dei Mondiali è quello di far saltare il banco e rendere non più sostenibile il sistema calcio femminile. La strada è però segnata e ora serve solo seguirla senza mettere i piedi in fallo.
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Martedì 30 Aprile 2024
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