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ESCLUSIVA TC - EMANUELE GATTELLI: "Il mio Cagliari dei primi anni Ottanta era una gran bella squadra, con fior di giocatori. Sui rossoblù di oggi ho qualche dubbio. E avrei scelto un altro tecnico: non so se Nicola sia l'uomo giusto per crescere"

di Matteo Bordiga
per Tuttocagliari.net
www.imagephotoagency.it
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Il suo era un Cagliari sbarazzino, arrembante e senza paura. Una squadra ricca di talento che, nei primissimi anni Ottanta, sorprese l’Italia pallonara e sfiorò la qualificazione alle coppe europee.

Piras, Virdis, Selvaggi, Bellini, Quagliozzi, Marchetti e, appunto, Emanuele Gattelli - assieme a tutti i loro compagni - formavano una banda di ragazzi terribili che, spesso e volentieri, riscriveva le gerarchie del campionato (allora) più bello del mondo.

Gattelli, romano di nascita, era un attaccante con un ottimo fiuto del gol. Perse il posto da titolare con lo sbarco in Sardegna di un bomber come Franco Selvaggi, ma offrì comunque un contributo più che sostanzioso alla causa rossoblù.

Emanuele, che ricordi ha delle sue tre stagioni vissute a Cagliari, tra il 1978 e il 1981?

“Arrivai al Cagliari dalla Pistoiese. Il primo anno segnai due gol contro la Sampdoria, di cui uno in rovesciata, che sono rimasti nell’immaginario dei tifosi, cosa di cui ovviamente vado molto fiero. Il secondo anno, dopo la promozione in serie A, rimasi in Sardegna perché la società credeva in me. Arrivò però Franco Selvaggi, un signor attaccante che… ma sì, diciamola tutta, che mi fregò il posto, perché è così che andò. Ciononostante totalizzai una ventina di presenze in A. L’anno seguente, ossia la stagione 1980-’81, al già ricco reparto offensivo si aggiunse un certo Pietro Paolo Virdis. La concorrenza era diventata spietata. Anche se Tiddia aveva una stima particolare per me: ogni volta che mi chiamava in causa ero sempre pronto. Però io volevo giocare, quindi alla fine del campionato feci un errore: andai a Padova, in C1. Infine conclusi la mia carriera in Sardegna, prima al Sant’Elena e poi alla Nuorese.”

Il suo Cagliari propugnava un calcio già piuttosto moderno, fatto di aggressività, coraggio e generosità. In più correvate tantissimo, tenendo un ritmo molto alto per tutta la partita.

“Non c’è dubbio, eravamo una bella compagine. Con fior fior di interpreti. Giocavamo rigorosamente a uomo. Certo, nel frattempo il calcio è cambiato: se giocassimo oggi non so se otterremmo gli stessi risultati conseguiti nei primi anni Ottanta. Sinceramente ho qualche dubbio. Del resto il calcio è in continua evoluzione. Ma ancora oggi io continuo a essere per la marcatura a uomo: ti dà un riferimento fisso e preciso, riducendo così il margine di errore.”

Che ne pensa, invece, del Cagliari di oggi e del nuovo allenatore Davide Nicola, la cui ufficializzazione ormai dovrebbe essere questione di ore?

“Per essere franco ho più di una perplessità. Non so se Nicola sia l’uomo giusto per far crescere la squadra: è un allenatore da zona salvezza. Non vedo un progresso, un miglioramento rispetto alle stagioni precedenti. Ho paura che siamo destinati a soffrire pure quest’anno. E poi è ora che Giulini concluda le trattative in entrata: abbiamo bisogno di nuovi giocatori che possano dare un apporto importante alla squadra. In difesa non sappiamo ancora se Mina sarà dei nostri, mentre Dossena è andato al Como. Personalmente non lo vedo benissimo questo nuovo Cagliari che sta nascendo.”

Ma lei avrebbe preferito che la scelta della società cadesse su un altro allenatore?

“Avrei preferito un allenatore in grado di portare gente allo stadio. È vero che l’Unipol Domus è comunque sempre piena di tifosi, ma occorre anche stimolare l’entusiasmo dei cagliaritani portando qualità e ambizione in campo. Nicola sarà pure un bravo tecnico, ma lo trovo limitato. Il Cagliari ha bisogno di un mister che faccia veramente giocare bene la squadra. Ora, l’esordio in campionato sarà in casa contro la Roma. Metti caso che arrivi una sconfitta… Beh, iniziare già male la stagione sarebbe un problema. Speriamo che non accada, staremo a vedere.”


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Lunedì 8 Luglio 2024