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Roma, cercasi identità. A Juric servono silenzio e lavoro

di Debora Carletti

Luciano Ligabue cantava "Chi si accontenta gode così così", e mai frase fu più azzeccata osservando la situazione della Roma di oggi. Impossibile accontentarsi di un pareggio, inconcepibile credere che questa squadra sia da nono posto, inverosimile pensare che nella prestazione contro il Monza a ‘peccare’ sia stato solo l’arbitro La Penna e gli assistenti in campo e in regia.

La squadra fatica a mantenere costanza durante entrambi i tempi, si dimostra poco creativa nel proporre nuove soluzioni da una partita all’altra e, nonostante un gran numero di tiri e un possesso palla significativo, stenta nel gestire al meglio il gioco e a trovare il gol.

La Roma ha sicuramente fatto passi avanti da agosto a oggi, guadagnando in precisione e aggressività, ma non ha ancora piena consapevolezza del proprio potenziale. Mancano fantasia, alternative di gioco, determinazione e fiducia. La squadra non sembra credere fino in fondo nelle proprie possibilità, anche se le situazioni in campo mostrano che a volte la soluzione può arrivare per caso, da un tiro deviato o dall’intraprendenza di un singolo giocatore. Deve imparare a credere di più in sé stessa, lasciandosi alle spalle le difficoltà e costruendo solidità.

L'inizio di stagione è stato segnato da troppe vicende che hanno destabilizzato l’ambiente: il caso Dybala, l’esonero di De Rossi, le dimissioni della CEO Lina Souloukou, il caso Zalewski, fino alle proteste dei tifosi. La Roma non ha mai trovato un momento di pace, ma ora ne ha davvero bisogno.

La pausa per le Nazionali potrebbe offrire l’occasione per una svolta. Anche se Trigoria si svuoterà, è fondamentale che da qualche parte si inizi a costruire, perché mai come adesso la Roma ha bisogno di ritrovare un’identità, lontano dai rumori e dai problemi che l’hanno travolta.


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