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Milan, il paradosso di Bartesaghi: Theo Hernandez squalificato... ma c'è la Juventus

di Andrea Losapio

In Italia c'è un problema culturale. Prima parliamo dei giovani, riempiendoci la bocca con discorsi di futuro e crescita, salvo poi metterli regolarmente in panchina, anche quando dovrebbero giocare. Sarà così anche per Davide Bartesaghi, sostituto di Theo Hernandez in pectore che, quando manca Theo Hernandez, in campo non ci va. Infatti con ogni probabilità Stefano Pioli punterà sull'esperienza di Florenzi per la fascia sinistra, di fatto cambiando lato all'ex romanista. Un ruolo che non ha mai fatto, anche se la duttilità dell'ex Roma - nato trequartista, passato mezz'ala, arrivato come terzino destro - gli permette di coprire più posizioni in campo con uguale bravura.

Però Bartesaghi è il paradigma di quello che potrebbe succedere. Se per caso giocasse titolare, contro la Juve, cosa succederebbe in caso di errore? Verrebbe esposto al pubblico ludibrio perché in Italia si fa in fretta ad appiccicare delle etichette, mentre è molto più difficile toglierle, lottando contro il sistema che vuole un immobilismo sia nei pensieri che nelle istituzioni. Per questo diciamo che "non bisogna avere fretta" e che le cose vanno fatte con calma, quando in Premier League giocano tranquillamente diciottenni, nel campionato più competitivo del mondo. La realtà è che la pressione in Italia è altissima perché, al netto della solita frase sui 60 milioni di allenatori, non c'è quasi mai spazio per la redenzione.

C'è poi il caso di specie, ma bisogna andare indietro di quattordici anni. Cioè quando Santon, imberbe diciottenne, si appiccicò a Cristiano Ronaldo per poi non lasciarlo più andare. Era un Inter-Manchester United e in panchina c'era Mourinho. Certo, si può dire che poi Santon non fece la carriera folgorante di quel primo incontro. Ma fra infortuni che lo hanno frenato e qualche errore di traiettoria, ha comunque giocato 268 partite in carriera, sempre in Serie A.


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