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Le grandi trattative del Cagliari - 1990, El Principe Francescoli sbarca in Sardegna

di Francesco Aresu

E pensare che l'obiettivo era un panzer, non certo uno dei più forti artisti che il calcio uruguaiano abbia mai prodotto. Quando Enzo Francescoli arrivò a Cagliari, nell'estate 1990, dopo un deludente mondiale giocato con la Celeste proprio sui campi della Serie A, era senza dubbio la stella della selezione allenata dal Maestro, Oscar Washington Tabarez. Accostato più volte alla Juventus, in pochissimi si aspettavano di vederlo indossare il rossoblù, specie perché i ragazzi di Ranieri erano reduci da una gloriosa doppia cavalcata che li aveva riportati sul massimo palcoscenico tricolore, dopo aver vissuto per due anni l'onta della Serie C. El Principe fu la mossa geniale della dirigenza cagliaritana: avevano già chiuso per il duo Herrera-Fonseca, entrambi patrocinati da Paco Casal, che propose anche lui, el Flaco. "Perché non prendete anche Francescoli?", pare abbia detto Casal agli Orrù, proprietari del club sardo, aprendo al possibile trasferimento dell'uruguagio, insoddisfatto dalla sua esperienza nell'Olympique Marsiglia, dove comunque fece in tempo a diventare l'idolo di un certo Zinedine Zidane.

Eppure, come si diceva, gli occhi della dirigenza rossoblù erano per il tedesco (dell'Est) Ulf Kirsten, all'epoca centravanti della Dinamo Dresda poi diventato bandiera del Bayer Leverkusen: esattamente il club che lo soffiò al Cagliari, che non potè competere con l'offerta delle Aspirine. Così, alla vigilia della stagione 1990-91, arrivò in Sardegna il trio Celeste: insieme a Herrera e Fonseca ecco anche Francescoli, dopo qualche titubanza iniziale. La stessa mostrata sul terreno da gioco, prima di ritagliarsi il suo posto nelle leggende rossoblù, insieme a grandissimi campioni come Riva e Zola, che con lui completano il podio degli "inarrivabili" nei cuori dei tifosi. Tre stagioni da primo violino, con non tantissime reti segnate ma tanti risultati, come la clamorosa qualificazione in Coppa Uefa del 1992-93, prima di lasciare l'isola per il Torino e del ritorno in Sudamerica, con l'adorato River Plate con cui seppe togliersi altre grandi soddisfazioni in chiusura di carriera.


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