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Inter, Ranocchia e l'ultimo ballo: caccia al secondo titolo per chiudere in bellezza

di Alessandro Rimi

Lo è stato per Benitez e Mancini, lo era per Spalletti, lo è per Conte. Andrea Ranocchia è il calciatore che all’interno di uno spogliatoio vorrebbero tutti. Il sopravvissuto degli anni bui, di un ciclo personale fondato sull’incertezza, delle tragedie sportive post triplete, dei tanti allenatori che sono passati da Appiano, di un lungo periodo senza titoli dopo averne vinto uno, la Coppa Italia del 2011, appena sbarcato a Milano. E ancora: capitano anche senza fascia, gentile, serio e simbolo del nero e dell’azzurro. Per questo la dirigenza dell’Inter scorso anno ha voluto rinnovargli il contratto con scadenza giugno 2021. Quando Ranocchia, come si dice in gergo, potrebbe anche decidere di appendere gli scarpini al chiodo. La giusta chiusura con la squadra che ha amato incondizionatamente, anche quando gli ha voltato le spalle.

E’ tornato da viaggi comunque formativi, per non cambiare mai più maglia e colori. Mai titolare nei piani dei tecnici interisti recenti: Spalletti nel suo biennio lo ha impiegato venti volte, dipinte da tre gol in due stagioni, Conte addirittura lo ha schierato dal primo minuto in avvio, poi Godin e de Vrij al top della forma si sono presi il loro posto accanto al sempre presente Skriniar. Titolare e capitano in Europa League, Rano ha pure messo la sua firma nel 4-1 interno in Coppa Italia contro il Cagliari. Come a dire: ci sono, sempre. Ora lo aspetta un finale di stagione che di gioie potrebbe regalarne tante, poi un ultimo cammino insieme, nella speranza di chiudere la carriera nerazzurra con il suo secondo trofeo. Il modo migliore per chiudere un percorso che, in un modo o nell’altro, resterà nelle pagine della storia dell’Inter.


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