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ESCLUSIVA TMW - Petrachi: "Aspetto chiamata che abbia senso. Arabia? Sembrano soldi del Monopoli"

di Ludovico Mauro

“Non si riesce a fare qualcosa di pratico, ma il calcio si segue. Adesso che il campionato è fermo, ci si tiene aggiornati con i propri uomini di lavoro, che mi sono ancora fedeli. Si continua a lavorare in attesa che arrivi la chiamata giusta”. Non vede l'ora di tornare operativo Gianluca Petrachi, ex direttore sportivo anche di Torino e Roma, che in esclusiva a Tuttomercatoweb.com racconta il suo modo di lavorare, di vivere lo sport e la professione, ma anche i principali colpi di mercato e i maggiori cambi che si sono susseguiti sulle panchine e le scrivanie della Serie A.

Quindi ora attende una chiamata?
“Si, ma aspetto soprattutto una chiamata che abbia un senso. In questi due anni e mezzo che sono stato fermo non è che non sono arrivate: non erano congrue col mio pensiero. Molti mi sussurrano che così esco dal giro, ma io sono di un altro parere. Per ripartire devo sentire quel fuoco che mi dà la passione da parecchio tempo, e soprattutto vedere la possibilità di poter mettere mano. Perché andare in un posto dove non posso fare nulla, e dove dovrei solo presentare il patentino da ds, non è quel che mi piace fare. A me piace incidere, prendermi delle responsabilità col rischio di pagarne le conseguenze. Perché se uno sbaglia è giusto che vada a casa. La meritocrazia ci deve sempre essere”.

Sarebbe aperto anche a un futuro all’estero?
“Anche da lì ho avuto qualcosa, ma a me piacerebbe continuare in Italia. Anche perché lo sento un campionato mio, che conosco come le mie tasche. Poi la Serie A si presenta come il più difficile, molti non lo comprendono ma il nostro campionato, lo voglio sottolineare, nasconde difficoltà dove il direttore sportivo è indispensabile per i club. La figura del ds, al di là di ciò che emerge negli ultimi anni, diventa di fondamentale importanza, perché la gestione è una cosa molto importante”.

Si è fatto un’idea di ciò che sta accadendo col mercato saudita? Riusciranno a crescere come vogliono, a differenza di quanto accaduto in Cina?
“Non è così semplice da spiegare. Stanno mettendo dei soldi che sembrano quelli del Monopoli, quasi non sembrano veri per quanti ne stanno tirando fuori. È il sistema che deve essere modificato. In Cina non ce l’hanno fatta, ma neanche in America. È il movimento che devi modificare e creare appetibile, creando un campionato competitivo. Sicuramente stanno prendendo non solo giocatori a fine corsa, ma ribadisco: sono curioso di capire come struttureranno il campionato. Va bene gli allenatori e i giocatori, ma in Arabia dovrebbero prendere dei manager bravi e capaci per creare un format di campionato che finora non è esistito”.

A proposito di Arabia, da giorni si parla di un’offerta a Immobile (poi smentita da Lotito). È davvero l’ora di lasciare l’Europa, secondo lei, per il bomber della Lazio?
“No, conoscendo Ciro assolutamente no. L'anno scorso ha avuto qualche infortunio che l’ha penalizzato, è un giocatore che ha ancora voglia ed entusiasmo. Poi se ti fanno proposte monstre, a maggior ragione a un club italiano che ha sempre bisogno di mantenere il bilancio, è evidente che si valuta il tutto. Ma che Immobile sia destinato ad andare lì perché lo si ritiene già vecchio o pensionato assolutamente no. Può dare ancora tanto e fare altri 2-3 anni ad altissimi livelli”.

Alla Roma invece cosa manca per arrivare a vincere qualcosa?
“Vincendo la Conference League, la Roma si è riposizionata su livelli che le competono, e cioè lottare per qualcosa di importante. Credo che i Friedkin stiano mantenendo il loro profilo, cercano di mantenere un Fair Play Finanziario e di non sballare i conti, acquistando giocatori mirati a non andare “con i piedi in aria”. Perché il calcio deve essere comunque sostenibile, l’era in cui un presidente si dissanguava è giusto che finisca. Una persona che fa calcio non si deve trovare in una condizione in cui dilapida tutto il patrimonio. Se il calcio è sostenibile, diventa ancora più credibile. Se uno fa 500-600 milioni di buco, e poi con niente li rimette a posto, sicuramente non è performante per tutti gli altri club che cercano di rispettare dei parametri”.

Mourinho ha fatto bene a restare dopo questo biennio?
“Questo lo sa lui, non so che tipo di promesse la società gli ha fatto. Ma sicuramente avrà avuto qualche rassicurazione in più. È una persona molto scaltra e sveglia, al di là dell’amore eterno che ha giurato. Ai nastri di partenza sicuramente la Roma proverà a fare qualcosa di importante. Negli ultimi due anni ha fatto meno punti delle stagioni precedenti, in campionato può fare molto di più”.

Quindi entrare in Champions?
“L’obiettivo, finché ci sono stato io, era quello di provare a entrarci. Anche perché arrivarci significa ottenere circa 40 milioni di diritti, che per un club sono linfa vitale. Non entrare in zona Champions, per certe società, è un bagno di sangue. Io credo che l’obiettivo della società sia quantomeno quello di entrare tra le prime quattro”.

La Juventus riparte da Giuntoli. È stata la scelta giusta sia per lui che il club?
“Innanzitutto, sono felice che ci sia andato Cristiano, che è un collega e un amico, oltre che un vero ds. Così come sono contento che sia andato Meluso al Napoli, un altro ds. Sono figure che servono in un club, a prescindere da tutto. La Juve si è messa dentro uno che ha fatto la gavetta, conosce il mestiere, la gestione dello spogliatoio: se gli daranno ascolto, Giuntoli può cambiare almeno una tendenza, a livello di programmazione e visione di calcio. Magari tornando a fare un calcio più sostenibile e prendendo qualche giovane sconosciuto che possa poi diventare colonna portante del club”.

Quindi ha fatto bene a lasciare Napoli, dopo uno scudetto?
“Il Napoli ha fatto qualcosa di straordinario, sia Spalletti che Giuntoli sono stati bravissimi a gestire la situazione interna. Si sapeva che c’erano comunque delle frizioni nella gestione, sarebbe ipocrita negarlo. Uno è andato da una parte e uno dall’altra, credo ci sia stato un cambiamento radicale in società. Mi auguro però per il Napoli che si tratti di una delle più belle scelte di quest’anno, e che continui a primeggiare e a giocarsi qualcosa, magari anche in Champions. Perché vedere tanti napoletani a seguire la squadra con quell’affetto, da tifoso, è molto affascinante. Ti riconcilia col calcio. Ben venga che il Napoli continui a stare lì davanti”.

Dunque, la Juventus con Giuntoli e il Napoli con Meluso hanno fatto le scelte giuste?
“Penso di sì, perché a volte la figura dello scout viene ampliata e io non sono d’accordo. Lo scout deve andare a giro a cercare giocatori, vedere anche gli allenamenti, mentre il direttore deve fare il direttore: cercare di gestire lo spogliatoio, le grane, i problemi col tecnico, tutte cose che uno scout non può fare. È come se uno entra in sala operatoria e c’è il medico, poi però si chiede al ferrista di fare l’intervento. Non funziona così, c’è il medico, il ferrista, l’infermiere. Chiedere allo scout di fare anche il ds è una forzatura.

Ma al di là della difesa della mia categoria, è importante che si mantengano certi equilibri. Poi va vista la bravura del ds nel creare la squadra, fare spogliatoio, quello dipende dalla sua bravura. Ma non si può prescindere dall’amico dell’amico, da quello che conosce quello... già fa fatica chi nel calcio ci sta da 40 anni, c’è qualcuno che è arrivato l’altro giorno. Poi è giusto che ci siano strumenti come gli algoritmi che ti aiutano nella valutazione del giocatore, però è il direttore, col presidente e l’amministratore delegato, che decide le sorti di un club. Quando il calcio si struttura così, è vincente. Lo dice il campo, ne è testimone palese il Napoli dell’anno scorso: Giuntoli e Spalletti hanno camminato insieme, con l’aiuto di scout, ma le sorti le hanno decise loro”.

E proprio Spalletti sarà sostituito da Rudi Garcia. È il nome giusto per il Napoli?
“Non è che se uno è finito in Arabia è diventato scarso. Ci sono tanti fattori che incidono, come quello economico, oppure uno può essere stanco di certe passioni e magari vuole stare più tranquillo. Credo che Rudi Garcia sia un allenatore che non ha mai smesso di fare l’allenatore, anzi: per rientrare in una piazza importante come Napoli, deve avere tantissime motivazioni. Bisogna poi capire come riuscirà a farsi accettare dal gruppo che ha plasmato Spalletti. Questa sarà la chiave di lettura della stagione, capire come Garcia entrerà nella testa dei ragazzi”.

La Juventus invece, dopo le tante critiche, riparte da Allegri. È la scelta giusta?
“Questo lo stabilirà Giuntoli, ma ha due anni di contratto non leggerini. Comunque, il ds ora si assumerà le sue responsabilità, se ritiene sia corretto continuare col progetto di Allegri è giusto che lo faccia, ma devono andare a braccetto. Poi, non per giustificare Allegri, ma negli ultimi due anni ha lavorato da solo. Qualsiasi critica l’ha sempre sopportata, ci ha sempre messo la faccia, quando le cose andavano male è sempre intervenuto lui. Era difficile per lui parlare di calcio con qualcuno, l’unico che poteva farlo era Cherubini che aveva comunque i problemi per ciò che sappiamo tutti. L'allenatore deve essere anche messo nelle condizioni di poter lavorare, e cioè che ogni tanto la società intervenga, lo aiuti e lo supporti. Anche nei momenti di difficoltà. Credo anche che sia stato trovato un capro espiatorio nella Juve in Allegri, che si è trovato a fare tutto da solo, poi è comprensibile che qualcosa anche a livello tattico gli scappi. Con Cherubini, comunque, finché c’è stato e prima che avesse quel problema, aveva una persona capace. Oggi invece Allegri si trova a fianco un professionista, con il quale condividere quotidianamente certe cose. Poi vedremo se con Giuntoli troverà anche quella serenità per proporre un calcio più divertente”.

Frattesi è stato l’uomo mercato fino a poco fa. È da Inter?
“È una bella mezzala. Rappresenta con Barella la bella Italia. Sono quei giocatori che ogni allenatore vorrebbe avere. È un giocatore di nuova generazione. Fa entrambe le fasi, l’Inter ha messo dentro un bel pezzo. Ma chi dice che è stato preso per sostituire Brozovic non capisce niente di calcio, parliamo di giocatori diversi. Piuttosto penso che Asllani possa sostituire Brozovic e lo possa fare in maniera importante, perché è un buon giocatore”.


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