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Barella: "In finale di Champions è faticoso e difficile dire che il calcio è un gioco"

di Alessio Del Lungo

Il calcio è un gioco, ma quando si arriva a giocare una finale di Champions, si può continuare a pensarlo? Questa è la domanda che è stata posta a Nicolò Barella, centrocampista dell'Inter, che al canale YouTube di Matteo Caccia ha risposto così: "È faticoso perché, a prescindere da tutto, rimane il nostro palcoscenico, il momento in cui dimostrare che io sono forte, l'Inter e la Nazionale sono forti. Io ho sempre voluto dimostrare, quindi è difficile dire che il calcio è un gioco in quei momenti lì. Poi c'è l'adrenalina che ti dà San Siro, l'inno della Nazionale... Diventa una sfida con l'avversario, il momento in cui ti puoi esprimere, visto che nella vita non ci riesco. Una cosa che non farei mai fuori la faccio in campo, tipo tirare un calcio a un altro. In quel momento lì pensi che vuoi vincere. Ai miei figli dico di interpretarlo come un gioco".

È vero che i giovani stanno perdendo interesse verso il calcio?
"Per noi è diverso perché vediamo che fuori da San Siro, quando arriviamo, ci sono 50mila persone prima, 10mila dopo la partita. Noi non viviamo questa cosa, poi so che il calcio è diventato molto d'élite: per vedere una partita devi avere 10mila abbonamenti. Andare allo stadio è diventato più costoso, non è più una cosa popolare; noi purtroppo siamo fuori da queste dinamiche. Io personalmente non guardo tanto calcio in tv, ho rosicato per le partite di Champions perché eravamo usciti agli ottavi. Ma non c'è più la passione del bambino, non ce la faccio più a guardarmi tutta la giornata di Serie A dalle 15 fino alla sera. Mi piace il ciclismo, guardo anche 4 ore di tappa, e il basket, per quello mi svegliavo la notte per vedere la NBA".

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