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Ausilio racconta la sua vita all'Inter: "Un percorso lungo, di fatica e sacrifici. Ma anche bello"

di Tommaso Bonan

Lunga intervista a Radio Serie A per Piero Ausilio, col ds dell'Inter che fra i tanti temi affrontati si è soffermato anche sul suo percorso che lo ha portato in nerazzurro: "Un percorso lungo, di fatica e sacrifici. Ma anche bello, fatto con persone e allenatori importanti, e una proprietà che è stata in grado di essere vincente dopo aver raccolto l'eredità della famiglia Moratti".

Che interista è?
"Sono una persona che cerca di vivere nel presente. Provo a dare una mano a questa società: ho fatto il mio percorso, e attraverso degli step mi sono formato e sono diventato più forte. Oggi mi sento solido, forte e competente per dare il mio contributo all'Inter".

Nasce interista?
"No, nasco con il piacere per il calcio. Sono cresciuto nella Pro Sesto e ci ho anche lavorato, avendo finito la mia carriera prestissimo".

Quali sono i sacrifici che ha dovuto fare?
"Parto da un presupposto: faccio il lavoro che ho sempre sognato. Ho fatto la gavetta, rifiutando anche diverse scorciatoie. Ho perso molti fine settimana, alzandomi presto per girare i campi di tutta Italia. Ma non sono mai stati dei sacrifici: è la mia vita, la mia passione".

Si ricorda il primo incontro con l'Inter?
"Trattai col responsabile del settore giovanile di allora: volevano che lavorassi a tempo pieno, ma stavo ancora studiando. Vinsi io: cominciai con un contratto di sei mesi, part-time. Anche se molte volte lavoravo parecchie ore in più. Era l'Inter di Ronaldo: la prima partita che vidi allo stadio da tesserato nerazzurro fu quella al Parco dei Principi nella finale di Coppa UEFA. Un giorno, poi, Moratti mi fece chiamare da un suo assistente chiedendomi di seguire la prima squadra: ero a San Paolo, dovetti andare a Kiev, dove si consumò una delle partite più importanti per il Triplete del 2010".


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