9 novembre 2003, Amantino Mancini segna un gol stratosferico di tacco nel derby con la Lazio
Il 9 novembre del 2003, allo stadio Olimpico, va in scena la stracittadina. Roma-Lazio spesso vale come una stagione. I giallorossi sono a diciotto punti in otto partite, imbattuti, mentre la Lazio insegue a sedici. In panchina c'è Roberto Mancini ed è l'ultimo anno prima di Lotito, con Ugo Longo come presidente. In estate la Roma ha ceduto Cafù al Milan: uno dei migliori giocatori di sempre, seppur in là con gli anni, e punta su un altro brasiliano. Decisamente meno conosciuto, visto che l'anno prima, nel prestito al Venezia, era andato in campo solamente per 13 volte, in Serie B. Amantino Mancini non ha un ottimo rapporto con il tecnico, Gianfranco Bellotto, per questo gioca poco e non segna.
Però con Capello è un'altra cosa. In breve tempo Mancini diventa il titolare e griffa il suo primo gol in Italia con una magia straordinaria. Il 9 novembre 2003, proprio vent'anni fa, il risultato è ancora 0-0, a dieci minuti dal termine. Punizione dalla destra con Cassano sul pallone, palla a mezza altezza sul primo palo e gesto istintivo di Mancini che incrocia la palla di tacco, allungandola sul secondo palo dove Peruzzi non può proprio arrivare. Un gol fantasmagorico per uno che, almeno fino a quel momento, poteva essere il Carneade di manzoniana memoria.
Negli scorsi mesi Amantino Mancini ha parlato di quel gol nel derby. "Non riuscivo a capire l’importanza nel derby, poi faccio il primo gol in Serie A di tacco in un derby e ci ho impiegato una settimana a capire l’importanza di quello che avevo fatto. Un gesto tecnico meraviglioso, poi conta anche la fortuna e l’istinto. Emerson ha fatto lo stesso mio movimento, la palla era bassa e l’unica cosa che potevo fare era il colpo di tacco. C’è fortuna, bravura, coordinazione, è stato un gol meraviglioso e indimenticabile. Il Tacco di Dio era un soprannome che mi piaceva molto, perché in mezzo c’è la parola Dio e io sono molto contento. Non ho fatto però solo quel gol di tacco come spesso mi dice la gente, anche altre cose".