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Prossimo obiettivo: un limite al peggio

di Luca Serafini
per Milannews.it
Federico De Luca
Federico De Luca

Dopo la rabbia, la delusione, lo sconcerto causato dall’ultima devastante sconfitta in casa con il Napoli e il senso di abbandono che ha pervaso moltissimi tifosi, è il momento di provare a rialzare la testa. La sosta può essere o non essere d’aiuto, a seconda di quello che vedremo sul campo alla ripresa, se non altro dà tempo a Mihajlovic di riflettere su quello che è successo tra il calcio estivo e quello vero. Avevamo visto un Milan organizzato, propositivo, una squadra dove sembrava che ognuno sapesse dove andare e cosa fare, una squadra che correva persino, faceva un po’ di pressing, rischiava il giusto, costruiva abbastanza. Anche in test significativi come contro l’Inter, il Real Madrid, nel Trofeo Tim e soprattutto in Coppa Italia contro il Perugia. Dal debutto di Firenze in campionato un tracollo di qualità e risultati: 4 sconfitte in 7 partite, 2 primi tempi decorosi in una partita persa (il derby) e una quasi pareggiata da 0-3 (Udine). Per il resto solo colla. Le suole appiccicate, i tacchetti conficcati nell’erba, tutto finito. Sul piano del gioco, il niente più assoluto. 

Cosa si intende per “gioco”? Si intende che i terzini spingano e coprano, che i centrocampisti difendano, costruiscano e si inseriscano, che gli attaccanti incrocino e si facciano trovare, mettendo pressione ai difensori avversari. Significa movimento con e senza palla, significa corsa. Significa pressing o attendismo, tattica del fuorigioco o attesa bassa, marcatura a uomo o marcatura a zona. Significano sovrapposizioni, incroci, significa tirare in porta. Significa – anche – saper scegliere i momenti, avere un atteggiamento maturo, combattivo, tenace. Significa non arrendersi al primo ostacolo e ripartire secondo i propri mezzi e le proprie risorse. Non è con le strigliate negli spogliatoi, in tuta o in giacca e cravatta (gialla), che si ottengono queste cose. Certamente no. 

Roberto Mancini ci avrebbe apostrofato: “Vogliono fare tutti gli allenatori”. A noi basterebbe che un allenatore facesse l’allenatore. E basta. Che ci facesse vedere bene i risultati del suo lavoro. Che desse un’anima a una squadra che anima non ha. Che personalità non ha. Che non ha spina dorsale, nerbo, reattività. Altrimenti non avrebbe la seconda peggior difesa del campionato, altrimenti non sarebbe undicesima con la metà dei punti della capolista. Mihajlovic facesse vedere ai suoi tifosi e al suo Presidente che soffre a casa davanti alla tv, un gruppo convinto, determinato, lucido. Mihajlovic facesse esprimere al meglio i pochi bravi e i molti mediocri. Dalla fine di una sessione di mercato a quella successiva, è più o meno inutile sparare sulla dirigenza che, a parte le “strigliate” nei giorni feriali e i deliri degli “hip hip hurrà” nelle visite pastorali, può fare poco. E’ a Milanello che bisogna lavorare. Che Mihajlovic sia un professionista serio e un lavoratore non vi è dubbio, che debba mostrarne i frutti è altrettanto fuori discussione. Noi saremmo partiti da Roberto Donadoni, dal quale si fa sempre in tempo ad andare a bussare, ma ci rendiamo conto che dopo aver buttato a mare bandiere come Seedorf e Inzaghi, stavolta sarebbe meglio andarci con i piedi di piombo.    


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Giovedì 25 Aprile 2024