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Juventus-Inter, una rivalità che si estenderà al mercato. Il Beijing vale più del Milan. Napoli e Roma hanno perso la loro occasione, a meno che non arrivi una Superlega. Gomez, ma dove vai?

di Andrea Losapio
Nato a Bergamo il 23-06-1984, giornalista per TuttoMercatoWeb dal 2008 e caporedattore dal 2009, ha diretto TuttoMondiali e TuttoEuropei. Ha collaborato con Odeon TV, SportItalia e Radio Sportiva. Dal 2012 lavora per il Corriere della Sera
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© foto di Lorenzo Di Benedetto

A metà gennaio il Beijing Guoan, club di Pechino, è stato venduto al gruppo immobiliare Sinobo Land per 3,6 miliardi di yuan. Poiché le quote acquistate erano del 64%, virtualmente la società cinese ne vale ben 2 in più. Significa che il valore intero è di circa 754 milioni di euro, una valutazione superiore a quella Milan (che fra prezzo di acquisto e debiti più o meno orbita intorno a quella cifra, comunque inferiore) e Atletico Madrid, due tra le squadre più blasonate del vecchio continente, dove il calcio di fatto è nato e cresciuto. Non a velocità ipersonica come quello con gli occhi a mandorla, perché gli investimenti sono decisamente più corposi: un miliardo e mezzo di persone che lavorano non sono paragonabili alle poco più di settecentomila del vecchio continente, soprattutto considerando che sono pochissime squadre. Bisogna poi pensare che il passaggio del Beijing si è chiuso in pochissimo tempo, mentre quello di un Milan - soprattutto per le concessioni governative - va a rilento. Fra tre settimane si saprà finalmente la verità, se Mirabelli e Fassone diventeranno davvero la nuova classe dirigente dei rossoneri oppure se, alla fine, Berlusconi e Galliani rimarranno in sella. Quello che fa ridere (e sorridere) è che un club senza storia, e probabilmente senza attrezzature né fatturato, diventa uno dei primissimi club al mondo per valutazione.

Cosa si può fare? Il Real Madrid lo ha capito da tempo, ma deve aspettare una congiuntura favorevole - come avere rimandato la partita con il Celta Vigo per problemi metereologici - per proporla. Ce l'ha fatta, appunto, perché insieme al Barcellona vorrebbe finalmente una Superlega Europea. Pensate a 20 squadre che si spartiscono un bacino di utenza europeo, ma non solo: perché diventerebbe un torneo globale, cosa che la Cina non potrà mai diventare. In questo senso la Premier League vale più della Champions stessa, ma con un format con grandi società certamente tutto verrebbe ribaltato. Magari con un meccanismo a promozioni retrocessioni, comunque da valutare. Perché in NBA una franchigia non può retrocedere e lo sport professionistico americano è tutto così. Tanto show, tanti soldi, agli altri le briciole (che, comunque, fanno andare avanti più che discretamente il meccanismo. Certamente ci sarà una lotta fra Napoli e Roma per entrarci, eventualmente, ma la colpa in caso è solo di chi non vince: Inter e Milan, per una questione socio-politica-economica non potrebbero rientrare in una Superlega a 20 squadre. Roma e Napoli decisamente sì: vincere qualche trofeo è pur sempre un investimento e né gli azzurri né i capitolini hanno inteso che siamo più vicini al collo di bottiglia rispetto a quanto immaginato. Intanto è una opportunità sprecata perché se dovesse davvero tornare l'Inter - e il MIlan - in grande forma loro rimarrebbero fuori da quell'élite che da tanto vorrebbero frequentare.

Juventus-Inter è stata una bella partita, non meravigliosa, certamente intensa. La moviola è discutibile, i rigori possono darsi o non darsi - magari concederne almeno uno sarebbe stato ok - rivedere ogni fotogramma per capire che l'errore dell'arbitro c'è o non c'è rappresenta solamente una violenza psicologica, un volere esasperare toni che già non sono del tutto sereni. Un commento da bar sport, valido come tutti gli altri, potrebbe essere un "che due palle", perché parlare del vuoto pneumatico per quattro giorni, tra commentini e battute sarcastiche, sfottò e recriminazioni non è da grande calcio. Ma tutti (sottolineo tutti, rimarco tutti, evidenzio tutti) i dirigenti sportivi sono uguali: chi non parla di arbitro è solo perché lo ha evidentemente favorito. O magari no, ma il risultato è a suo favore e dunque finisce a tarallucci e vino. Altrimenti chiunque si lamenta, dalla terza categoria alla Serie A. Cultura che, in Italia, non abbiamo.

Pensieri sparsi: a Bergamo Alejandro Gomez può eguagliare grandi miti come Caniggia e Evair, ma deve rimanere dopo avere conquistato l'Europa. Magari sarà fare buon viso a cattivo gioco, almeno per lui, ma con un prolungamento contrattuale può diventare davvero uno dei migliori giocatori della storia dell'Atalanta. La Lazio ha gli uomini contati e, nonostante tutto, è dipendente da un Keita che quest'anno sta facendo finalmente quel salto di qualità. Poi farà il salto della firma sul contratto dopo il salto della cena di Natale, infine il salto nell'ufficio di Lotito per andarsene. Che sia giusto o meno. La Fiorentina dovrà ripartire da Chiesa e Bernardeschi, anche se non è detto che rimangano entrambi, mentre Kalinic saluterà la compagnia solamente a giugno e in direzione Premier League. Il Milan durerà ancora poco, la squadra mi sembra svuotata ma la colpa non è solo dell'allenatore (se si fanno male due giocatori fondamentali come Bonaventura e De Sciglio). In coda il Crotone fa quel che può, i criteri per i diritti televisivi sono ridicoli, mentre fa veramente vomitare la piega che ha preso il nostro calcio in materia tifosi: chi brucia l'auto al presidente del Pescara, società che per blasone e storia non può che fare su e giù (e ringraziare) dalla Serie A, chi cerca di malmenare Setti e Toni, chi le promette a Tounkara e Keita. Certe cose non succedono solo in Italia, sarebbe ipocrita dire il contrario. Ma che capitino fa davvero pensare che non si può andare avanti così ancora per molto.

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